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292 capitolo xxiii.

tidiluviana, scampato chissà per quale miracolo alla formidabile sommersione della crosta terrestre.

Le traccie continuavano, traccie profonde, formate da cinque unghie assai larghe che avevano perfino spezzato il ghiaccio.

Non si poteva ormai più dubitare che si trattasse veramente d’un mammouth o di qualche altro animale simile, forse l’ultimo della sua razza sperdutosi sugli ultimi confini della terra di Ellesmore.

I due cacciatori raggiunsero l’estrema punta del picco che scendeva verso levante in forma d’uno sperone colossale, e piegarono verso il settentrione per incontrarsi con Dik che doveva procedere dal lato opposto.

Le traccie continuavano ma l’animale non compariva. Forse pascolava dall’altra parte, spaccando il ghiaccio colle robustissime zanne per mettere allo scoperto i pochi muschi ed i licheni sepolti sotto.

Già cominciavano a disperare d’incontrarsi con quel colosso, quando uno sparo rimbombò a poca distanza seguito da un urlo acutissimo che li fece trasalire.

— Aiuto!... Aiuto!...

— Dik!... La voce di Dik! — gridò Walter, prendendo lo slancio. — Signor Gastone, accorriamo!...

— Sì, preparate il fucile!... — rispose il canadese, con voce soffocata. — Il mammouth ha assalito il baleniere! —

Girarono a gran corsa una specie di bastione che si stendeva sul fianco settentrionale del picco, ed uno spettacolo terrificante si offerse ai loro sguardi.

Un animale gigantesco, assai più grosso e più alto d’un elefante, armato di due lunghissime zanne ricurve in alto, d’un avorio bianchissimo, aveva afferrato l’ex-baleniere colla sua tromba e lo scuoteva furiosamente a venti metri dal suolo, barrendo spaventosamente.