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CAPITOLO XXII.


Le ultime corse.


L’uragano di neve scoppiava allora con una furia veramente spaventevole, come se volesse gareggiare colle terribili convulsioni del grande pak che si stendeva sul golfo di Boothia.

Un vento d’una violenza inaudita e così gelido da far screpolare la pelle dei volti e sopratutto le labbra, soffiava dal nord con ululati sinistri, sconvolgendo gli altissimi strati di neve che coprivano quella grande isola perduta ai confini del mondo abitabile.

Le folate, o meglio le raffiche, giungevano con tanta rabbia da scuotere l’automobile, quantunque questa fosse, per sua fortuna, sepolto nella neve fino sopra le ruote.

Il signor di Montcalm, Dik e Walter si erano rifugiati in fondo alla capote dopo aver abbassata e ben legata la grossa cortina di cuoio, portando con sè una bottiglia di gin, l’unica che ormai possedevano e la sola che potesse dare ai loro corpi intirizziti da 45° di freddo, un po’ di calore.

Ben stretti l’uno contro l’altro e avvolti nelle loro folte pelliccie d’orso bianco, attendevano pazientemente che quell’ira di Dio si calmasse.

Il canadese era diventato più taciturno di Dik; lo studente aveva perduto completamente il suo buon umore.

Di fronte a quel disastro non si sentiva più in grado di scherzare. Preferiva dare, di quando in quando, qualche bacio alla