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la caccia al treno | 263 |
— Mi è costata invece, le gambe la mia, — rispose lo studente, ridendo. — Ah!... Che corsa, signor Gastone!... Se tornerò un giorno in Inghilterra lancerò una sfida in piena regola a tutti i corridori dell’Università di Oxford e di Cambridge insieme, sicurissimo ormai di batterli senza troppa fatica.
Meno male che tirando su di me l’attenzione dei buoi, ho lasciato a voi il tempo di lavorare tranquilli.
Era grave il guasto?
— Oh!... — rispose il canadese, facendogli segno di troncare subito.
— Che diavolo vi è qui sotto? — brontolò lo studente, un po’ impressionato dall’aria grave del canadese.
Il dialogo termino lì.
L’automobile intanto continuava ad avanzare quasi a passo d’uomo, sempre affogata in mezzo al nebbione. Dik non osava lanciarlo, quantunque la luce dei fanali, potentissima, si proiettasse fino ad una decina di metri.
Quella marcia durò un paio d’ore, poi il canadese comando l’alt.
— Andiamo a prepararci la colazione, Walter, — disse, — e voi Dik, giacchè non temete nè il freddo nè gli orsi, andate a esplorare un po’ la via.
Prendetevi un fanale e non dimenticate il fucile. —
Attese che lo chaffeur si fosse allontanato, poi si ritrasse nel carrozzone assieme allo studente e accese la lampada e la stufa.
— Amico mio, — disse poi, — che cosa avete voi pensato di quel guasto misterioso?
— Aspettavo da voi anzi una spiegazione, — rispose lo studente. — Si trattava di cosa grave?
— No, perchè è forse mancato il tempo all’autore del guasto di dare il colpo di martello esattamente, ma un po’ più in-