Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
la caccia al treno | 255 |
Forse è avvenuto quel guasto in causa dell’intenso freddo.
Orsù, a letto. —
Tornarono a spegnere la lampada per non attirare l’attenzione dei maledetti animali, e si cacciarono, dopo essersi a metà spogliati, sotto le coltri.
Malgrado le loro preoccupazioni — preoccupazioni che Dik non condivideva di certo — tutti si addormentarono.
Dei muggiti minacciosi che si ripercuotevano perfino dentro il carrozzone, li fecero balzare in piedi dopo moltissime ore di sonno.
Una luce scialba, grigiastra, trapelava a malapena attraverso i vetri dei finestrini, incrostati esternamente d’uno spesso strato di ghiaccio.
— Per tutti i fulmini di Giove!... — esclamò lo studente, precipitandosi sul suo fucile. — Ci sono addosso. —
Aprì, non senza fatica, un finestrino e guardò al di fuori.
Fra le ondate di nebbia che un vento terribile, tagliente e freddissimo sospingeva, scorse delle grandi ombre le quali si aggiravano a soli pochi metri dal carrozzone.
Lo studente non esitò un solo istante ed esplose, con grande rapidità, tutte le cartuccie del serbatoio, sparando ora a destra ed ora a sinistra.
Il canadese non aveva tardato ad imitarlo, facendo fuoco dall’opposto finestrino dove altre ombre erano comparse.
Dei muggiti formidabili accolsero quelle scariche che si succedevano furiosamente, poi seguì un galoppo fragoroso che faceva risuonare cupamente la superficie gelata del golfo.
— Sono scappati!... — gridò lo studente. — Mastro Dik, all’automobile. —
L’ex-baleniere fece una smorfia, poi disse:
— Ne siete proprio sicuro?
— Mastro Dik, grande baleniere, avreste paura?