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la carica dei buoi muschiati | 249 |
— Ve lo avevo detto che a grande distanza avreste sprecate inutilmente le nostre munizioni.
— Mi rimane ancora un dollaro.
— Giuocatelo.
— Ed una bottiglia che pagherò quando potrò.
— Io non sono un taverniere inesorabile. Vi concedo un credito illimitato.
— Che Dik mi berrà. A me, miei occhi: fermi i nervi, corpo d’un bue muschiato!... Si tratta di buttar giù un semplice bue, che diamine! e di guadagnare un campionato di tiro al bersaglio anche senza l’Università d’Oxford. —
Si era rimesso in posizione mantenendo il fucile in linea rigida. Le sue mani non davano nessuna vibrazione.
Un terzo sparo echeggiò, seguito da un hurràh fragoroso.
Il bue muschiato, colpito in qualche organo vitale, era caduto dapprima sulle ginocchia battendo pesantemente la testa contro la superficie gelata, poi si era rovesciato bruscamente su un fianco, rimanendo immobile.
Walter depose il fucile e stese la destra dicendo:
— Signor di Montcalm, date qui la vostra sterlina, e voi, mastro Dik, tirate fuori dalle vostre tasche una delle tre vostre pipe.
Questa sera vedrò se tirerà bene!...
— Adagio, amico, — disse il canadese, che rideva a crepapelle. — Gli affari sono affari, dicono i nostri vicini d’oltre S. Lorenzo.
Mi dovete due dollari e due bottiglie che da onesto mercante ve le metterò un dollaro ciascuna, quindi vi debbo cinque sole lire.
— Che ladroni sono i tavernieri canadesi! — esclamò lo studente.
— Prezzo del mercato. —