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238 | capitolo xviii. |
anni prima di incanalarsi attraverso il passaggio del nord-ovest scoperto da Mac-Clure e finire qui.
— E che cosa sarà succeduto degli altri due che mancano?
— Chi potrebbe dirlo? Forse quei disgraziati, rosi dalla fame, si sono divorati.
— Ah!...
— Forse che i superstiti della spedizione Franklyn non hanno fatto altrettanto? Si assassinavano per riempire le caldaie di carne umana.
— È orribile!...
— Il Polo, mio caro, ha avuto centinaia e centinaia, e forse delle migliaia, di vittime umane.
Orsù, ritorniamo. Ricomincia a nevicare ed il nebbione si avanza scendendo lungo il golfo.
Questa sera non faremo un passo innanzi. —
Dopo essersi accertati della resistenza del ghiaccio, risalirono la sponda bruciando qualche cartuccia contro i volatili polari e raggiunsero il treno proprio nel momento in cui la neve cadeva a larghe falde attraversando silenziosamente la nebbia che s’avanza va velocissima, tutto avvolgendo.
Il sole era già scomparso e la notte era scesa, ma una bella luce usciva attraverso i vetri del carrozzone e dal tubo della stufa uscivano dei profumi appetitosi.
— I miei gabbiani? — chiese lo studente, entrando.
— Pronti, signore, — rispose l’ex-baleniere, il quale si affaccendava intorno alla stufa, prestando tutta la sua attenzione ad un enorme pezzo d’orso bianco già perfettamente arrosolato.
— A tavola!... — aveva concluso il canadese, sbarrando la porta e sbarazzandosi della grossa pelliccia.
Tutta la notte la neve cadde senza interruzione; il freddo però era così intenso che la gelava quasi di colpo.