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236 capitolo xviii.


Aveva, a tale scopo, armata una nave che si chiamava la Sarya. Ai primi di Giugno del 1900 la spedizione aveva oltrepassato lo stretto di Kara filando lungo le coste siberiane.

Il ghiaccio era pessimo ed ostacolava continuamente la nave, minacciando ad ogni istante di rinchiuderla in qualche wake o nei grandi paks.

Alla fine di Settembre la Sarya veniva strettamente imprigionata sulle coste settentrionali dell’isola Taimer, oltre l’imboccatura dell’Jenissik.

Svernò in quel luogo, colla speranza che la prossima estate sciogliesse i grandi banchi di ghiaccio, ma soltanto verso la fine dell’Agosto potè muoversi, e dopo una lotta spaventosa cogli ice-bergs, si diresse verso le isole della Nuova Siberia.

Nel Settembre la Sarya raggiungeva l’isola Bennett, la famosa isola scoperta dall’equipaggio della Yeannette, perito così tragicamente, quasi tutto, di fame e di freddo alla foce della Lena, il grande fiume siberiano.

I ghiacci che circondavano quell’isola inospitale costrinsero il barone de Tolt a cercarsi un altro rifugio e lo trovò infatti in una baia dell’isola Kotelinoi.

Era ormai troppo tardi per pensare al ritorno. Il pak si stringeva da tutte le parti intorno alla poco fortunata nave e fu deciso un secondo svernamento.

Nella primavera del 1902 il coraggioso barone parte con delle slitte, una scialuppa, probabilmente quella che abbiamo trovata or ora, in compagnia d’un astronomo e di un medico, risoluto a raggiungere l’isola Bennett.

Aveva avvertito il capitano della nave che se dopo tre mesi non fossero tornati, si mettesse in cerca di loro.

La spedizione pareva però perseguitata da un triste destino.

Un’altra volta la Sarya, che nel frattempo aveva potuto