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234 | capitolo xviii. |
certo essere, poichè scorgendo i due uomini avanzarsi, non avrebbe tardato a fuggire.
— Sì, deve essere un rottame o per lo meno una scialuppa, — disse il canadese.
— Una scialuppa, signore, — aggiunse Walter, il quale forse aveva la vista più acuta.
Affrettarono il passo avanzandosi sul ghiaccio e si avvidero di non essersi ingannati.
Una piccola scialuppa baleniera si trovava incastrata nel pak, con un fianco già sfondato dalle prime pressioni, e dentro vi era un uomo ormai ridotto allo stato di scheletro, semi-avvolto in una vecchia pelliccia.
Il cranio sporgeva da una parte; le due gambe dall’altra prive dei piedi, i quali si erano staccati e giacevano in fondo al battello.
Accanto a quel disgraziato vi era un fucile arrugginito, un’ascia ed un barilotto che doveva aver contenuto dei viveri e che ora invece era affatto vuoto.
— Chi sarà quest’uomo? — chiese lo studente, con voce commossa. — Che sia morto di fame e di freddo? —
Invece di rispondere, il canadese, passato il primo istante di doloroso stupore, era entrato nella scialuppa ed aveva messe le mani su un pezzo di carta ingiallita, su cui erano state vergate alcune righe con una materia rossastra, probabilmente del sangue.
Molte parole erano assolutamente indecifrabili, ma due colpirono subito il canadese:
«Sarya e barone de Tolt».
Un grido di profonda sorpresa gli era sfuggito.
— Una scialuppa della Sarya qui!... Come l’hanno condotta fino a questi luoghi le correnti polari? Ah!... Mi ricordo benissimo della disgraziata spedizione del barone de Tolt, che com-