Pagina:Una sfida al Polo.djvu/233


una battaglia coi trichechi 227

nemmeno contro le pneumatiche, che passavano sui loro corpacci aprendo dei solchi sanguinosi.

In tre o quattro secondi il treno attraversò il campo e si precipitò verso l’uscita della galleria, slanciandosi sui banchi di ghiaccio che si erano formati lungo le spiaggie della baia d’Hudson.

L’ex-baleniere, che conservava il suo meraviglioso sangue freddo, virò quasi sui posto, a meno di trecento metri dai giganteschi ice-bergs che si erano già accumulati in gran numero, trasportati dalla corrente polare e spinti dai venti di levante, poi risalì di volata la costa riguadagnando la sconfinata pianura.

— Ventre di Giove!... — esclamò lo studente, il quale pareva che in quel momento si fosse dimenticatati i suoi eterni fulmini. — Questo marinaio è diventato uno chaffeur prodigioso.

Non potevate trovarne uno migliore, signor Gastone.

— È vero, — rispose il canadese. — Colpo d’occhio, mano sicura e un’audacia straordinaria.

Dik, come si presenta la pianura?

— Buona, signore, almeno per ora, — rispose l’ex-baleniere, sempre appoggiato al volante.

— Potremo giungere, prima che la notte scenda, al lago di Yath-kyed?

— Lo spero.

— Allora spingete pure, giacchè il ghiaccio è abbastanza liscio. Non dimentichiamo che Torpon corre pure verso il Polo.

— Lasciate fare a me, signore, — rispose l’ex-baleniere, con un risolino un po’ sardonico. — Andremo più presto dell’americano.

— Fate attenzione ai corsi d’acqua. Un altro salto potrebbe riuscirci fatale.

— Aprirò gli occhi, signore. —