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224 | capitolo xvii. |
in collera e armate di due lunghissime zanne, d’un avorio assai più fino di quello degli elefanti.
Il loro aspetto è terribile, mentre invece quei disgraziati sono tutt’altro che battaglieri, essendo in terra estremamente pesanti. Ciò non esclude però che assaliti, specialmente in mare, si difendano qualche volta disperatamente, affondando le imbarcazioni che osano attaccarli.
Vedendo l’automobile avanzarsi, tutti quei colossi si erano prontamente radunati come se fossero risoluti a chiuderle il passo, mandando nel medesimo tempo dei muggiti spaventevoli che talvolta sembravano dei veri ruggiti.
— Fulmini di Giove!... — esclamò Walter, il quale si era alzato, imbracciando il mauser. — Si direbbe che noi, invece di trovarci nelle regioni polari, siamo entrati in una foresta equatoriale abitata da una banda di ferocissimi leoni.
Se quelle bestie lì avessero degli artigli, poveri noi!...
— Fortunatamente non posseggono che delle zanne di superbo aspetto e niente affatto pericolose, — rispose il canadese.
— Non vorrei però provarle, signor Gastone.
— Non sanno servirsene quando questi anfibi si trovano a terra. Non vedete come si muovono a stento?
— Sfido io!... Sono botti d’olio!...
— È precisamente per quello che si arenano. Se fossero invece in acqua vedreste quelle botti balzare e rimbalzare sulle onde come gavitelli.
— Mastro Dik, voi che avete già conosciuto da vicino questi signori abitanti del Polo, diteci che cosa possiamo fare.
— Provatevi a sparare, — rispose l’ex-baleniere.
— Scapperanno.
— Lasciate che scappino.
— Per tutti i fulmini di Giove!... Come mostrano i denti e rizzano i baffi!...