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una battaglia coi trichechi 219


Spezzò il collo contro la parete di ghiaccio e versò nella bocca aperta del canadese alcuni sorsi di wisky.

Uno sternuto sonoro fu la risposta, accompagnato da due o tre colpi di tosse.

— Buon segno!... — esclamò lo studente allegramente. — I morti non sternutano nè tossiscono. Hurràh!... Hurràh!... —

Il signor di Montcalm si era messo a sedere, guardandosi intorno con un vivo stupore.

— Walter, mi ubbriacate? — chiese con voce abbastanza robusta. — Ah!... Diavolo!... Siamo caduti, è vero?

— Pare di sì, signore, rispose lo studente.

— Mi ricordo vagamente....

— Ed anch’io.

— E Dik?

— Non so se sia morto o vivo. Spero però che la sua ossatura da bisonte non avrà ceduto.

— E l’automobile?

— Ce ne occuperemo più tardi, signore. Mi pare che non abbia gran che sofferto. Ce lo dirà Dik, se sarà ancora vivo.

— Ne avreste dubitato? — chiese in quel momento una voce un po’ ironica. — I balenieri hanno la pelle dura, mio caro signore. —

La testa di Dik era in quel momento comparsa fra un grosso ammasso di neve che si trovava a cinque o sei metri dall’automobile.

Una fortuna veramente prodigiosa aveva protetto i tre esploratori, poichè se fossero stati scaraventati un po’ più innanzi si sarebbero fracassate le ossa sulla superficie quasi liscia del sotto-campo di ghiaccio, duro quasi quanto il granito.

Il baleniere, facendo forza di braccia, uscì dal cumulo, si scosse di dosso la neve che gli si era appiccicata alla pelliccia,