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una battaglia coi trichechi | 213 |
CAPITOLO XVII.
La Compagnia delle Pelliccie, che conta oltre trecento anni di esistenza, tiene un numero ragguardevole di stabilimenti che chiamansi forti, disseminati su quella immensa regione che è sottoposta al dominio britannico e che dai confini degli Stati Uniti va fino oltre il circolo polare Artico, ed è bagnata dall’Atlantico e dal Pacifico.
Quei forti non sono gran cosa, poichè consistono in un fabbricato centrale, per lo più in pietra, ed in poche tettoie dove vengono conservate le pelliccie in attesa che la buona stagione permetta di spedirle verso i porti più prossimi per poi disperderle pel mondo intero.
Un capitano, chiamato il borghese, li comanda ed ha sotto di sè venti o trenta cacciatori, per la maggior parte canadesi, tiratori infallibili che di rado sbagliano i loro colpi, ed abituati a sfidare tutte le fatiche e tutte le intemperie.
Dopo lo sgelo quei bravi avventurieri si mettono in campagna, facendo strage di lupi, di volpi bianche ed azzurre, di martore, di foche, di morse, di alci, di wapiti, di daini mooses, di lontre dalla pelliccia preziosissima, che si paga perfino mille e cinquecento lire, ed anche di orsi bianchi.
Vanno lontano, percorrendo regioni quasi inesplorate, vivendo alla meglio sotto tende o capannuccie improvvisate con avanzi di navi naufragate e con ossami di balene e di capidogli, e non