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i cacciatori della baia di hudson | 203 |
gni, ancora galoppanti fra la bufera di neve, si erano mostrati.
— Sotto, Dik!... — gridò. — Non li lasciate scappare!... —
Il baleniere diede fuoco alla canapa e la gettò nuovamente, colla mano sicura di un esperto fiociniere.
Il risultato, come era già da prevedersi, fu identico al primo.
I disgraziati animali che mai di certo avevano conosciuto il fuoco, furono avvolti in una gigantesca fiammata, e pazzi di dolore si erano slanciati a loro volta in mezzo alla tempesta di neve, mescendo le loro urla orribili a quelle del vento.
Per parecchi minuti i tre esploratori videro vagolare per la pianura quelle quattro torcie viventi spandendo di tratto in tratto dei grandi sprazzi di luce, poi l’oscurità ripiombò, e la neve che continuava a cadere con rabbia estrema coperse tutto.
— È finito, — disse lo studente, la cui voce sembrava un po’ commossa — Ah!... Che terribile fine hanno fatto quei poveri orsi!... Dal grande freddo sono passati improvvisamente al gran caldo e che caldo!... Non vorrei provarlo mai!...
— Avete cinque delitti sulla coscienza, dei quali dovrete rendere conto al genio protettore benigno di tutti questi abitanti del gran nord.
— Dovevamo lasciarci divorare dunque, come semplici bistecche? Con quelle bocche non vi era da scherzare.
Se il buon o cattivo genio polare verrà a rimproverarmi di aver fatto fare ai suoi figli una morte così atroce, lo inviterò a mettersi in mezzo a cinque dei suoi orsi e vedremo che cosa lasceranno di lui.
— La vostra idea è stata veramente meravigliosa, Walter. È vero che potevamo fare anche noi l’egual fine.
Se invece di fuggire si fossero precipitati contro il nostro