Pagina:Una sfida al Polo.djvu/164

158 capitolo xii.


Sembravano tante formiche attorno al corpo d’un bisonte o d’un rinoceronte.

A mezzodì i lavoratori presero un po’ di sosta, radunandosi sulla spiaggia cosparsa di vere montagne di lardo e di carne. Che festa!... Uomini e cani gareggiavano nel rimpinzarsi e gli uccelli vi prendevano parte indisturbati, giacchè nè le grida, nè le frustate sarebbero riuscite a cacciarli di là.

Piombavano a legioni così fitte da oscurare talvolta la luce del sole, ed erano così audaci da strappare di mano, con un fulmineo colpo di becco, i pezzi che gli uomini stavano per portarsi alla bocca.

Soprattutto i grossi albatros mostravano un accanimento feroce e resistevano energicamente alle frustate ed anche ai colpi di rampone, sbattendo furiosamente le loro immense e poderose ali. Il canadese e lo studente, nauseati da quello spettacolo e quasi soffocati dalla puzza orribile che tramandavano le interiora del cetaceo in mezzo alle quali si avvoltolavano cani ed uomini insieme, si erano tirati in disparte, saccheggiando il loro canestro.

Durante la giornata, il via vai di uomini, di cani, di slitte non cessò. Gli esquimesi, quantunque pieni di lardo al punto da correre il pericolo di scoppiare, avevano nuovamente assalito il carcame, che ormai mostrava le gigantesche costole, per privarlo di tuttociò che poteva servire di nutrimento.

Alla sera ben poco rimaneva del disgraziato cetaceo. Perfino la testa era stata sfondata per togliere il cervello, relativamente piccolo riguardo alla massa imponente del corpo, che doveva fornire al capo ed allo stregone una deliziosa frittura!...

Ricominciava a soffiare il vento sulla baia ed a cadere del nevischio, quando i pescatori tornarono al loro villaggio cogli ultimi carichi.