Pagina:Una sfida al Polo.djvu/163


un’orgia di carne e d’olio 157

pre le balene che hanno la peggio, non servendo a nulla i fanoni.

— Sapete che idea mi dà la bocca di questo cetaceo?

— D’una scialuppa.

— Precisamente, — rispose lo studente. — A quanto stimate la lunghezza di queste mascelle?

— A non meno di venti piedi, — rispose il canadese. — La larghezza di questa bocca deve raggiungere i dieci, con un’altezza di sei, ossia di due metri.

Come vedete, gli uomini non hanno bisogno di curvarsi per lavorare.

Lasciamo che questa brava gente si avvoltoli nell’olio e nel lardo, e noi andiamo a tirare quattro fucilate contro gli uccelli marini.

Non avete che da scegliere.

— Sparerò sugli albatros.

— Carne coriacea, amico. Preferisco gli altri. —

Mentre si divertivano a fare dei bei colpi contro tutti quegli immensi stormi di volatili, i quali d’altronde non si mostravano affatto spaventati, gli esquimesi tagliavano, rompevano, fracassavano con energia febbrile, ansiosi di demolire il gigante e di mettere in salvo la sua carnaccia ed il suo lardo prima che si scatenasse qualche tempesta e lo portasse via, trascinandolo verso altre coste a formare la fortuna di qualche altra tribù.

Schiere d’uomini, carichi di enormi pezzi di grasso sgocciolanti d’olio, rossi di sangue fino ai capelli, passavano continuamente sulla costa e caricavano le slitte, le quali ripartivano subito pel villaggio per poi tornare al più presto.

Gli altri, sotto la direzione di Karalit, non cessavano di tagliare, cacciandosi perfino dentro l’enorme carcame, per strappare alle viscere brandelli enormi di grasso.