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CAPITOLO XII.


Un’orgia di carne e d’olio.


Il briccone si cacciò sotto la capote, si avvolse nella sua pelliccia e dopo d’aver tracannati alcuni lunghi sorsi di wisky, avendo sempre una bottiglia di riserva accanto allo scudo protettore, accese la sua monumentale pipa mettendosi placidamente a fumare.

Che cosa aspettava? Certo che le tenebre fossero più fitte e che il canadese e lo studente si fossero addormentati.

Aveva già fatto il suo piano e non attendeva che il buon momento per metterlo in esecuzione. Karalit non si sarebbe certamente rifiutato di prestargli man forte colla promessa di qualche buon regalo, d’un fucile per esempio, arme ambita soprattutto da quel popolo di cacciatori.

Il vento continuava a soffiare forte sulla baia di Hudson, avventando contro la costa delle grosse ondate, le quali rumoreggiavano sinistramente.

Di quando in quando, fra gli ululati della gelida tramontana ed i muggiti della risacca, si udivano dei rombi spaventevoli, seguìti poco dopo da tonfi d’una sonorità estrema.

Erano gli ice-bergs, ossia le montagne di ghiaccio galleggianti che si urtavano e che si capovolgevano sotto la formidabile spinta.

Per due volte Dik caricò e fumò la sua pipa, poi si decise finalmente a muoversi.