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il traditore all’opera 145


— Possediamo tutto l’occorrente per guarire simili ammalati, è vero, Dik?

— Sì, signore. Come vi ho detto, io rispondo di tutto.

— Ecco un buon medico!... — esclamò lo studente.

L’automobile fu fatta indietreggiare fino al villaggio, presso la catapecchia del capo, fra le urla degli abitanti, i quali a poco a poco erano ritornati, senza che gli esploratori potessero comprendere se erano grida ostili o di gioia.

Cominciava a far buio poichè le giornate sono straordinariamente corte d’inverno, sotto quelle alte latitudini, ed un vento freddissimo si era alzato sulla vastissima baia, soffiando con molta violenza e spingendo innanzi a sè nubi di nevischio.

Era il momento di ritirarsi nel comodo carrozzone-salon e di accendere la stufa.

Anche gli abitanti cominciavano a rifugiarsi nelle loro catapecchie, dove già le donne avevano accese le puzzolenti lampade.

Fuori non rimanevano che i cani, scorazzanti in mezzo alla neve, insensibili al freddo ed al vento.

Un bel buco sotto la neve e la loro casa era pronta e preferibile forse al pestifero corridoio delle capanne.

— Signore, — disse Dik al canadese. — Io non soffro affatto al freddo e se non vi rincresce dormirò sulla mia macchina, così sorveglierò anche questi uomini.

Non dobbiamo fidarci poichè, a quanto ho capito, ritengono il nostro treno come un genio malefico destinato a distruggere tutta la selvaggina che è così necessaria per la loro esistenza.

Prima di addormentarmi visiterò il motore e vedrò se vi è realmente qualche guasto.

— Fate come volete, Dik, rispose il canadese. — Per mio conto preferisco addormentarmi presso la stufa.

— E sui nostri comodi lettucci, — aggiunse lo studente.


10. E. SALGARI ― Una Sfida al Polo.