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il traditore all’opera 137

l’80° e può darsi che altre se ne trovino anche nelle vicinanze del Polo.

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L’automobile, urlando come una belva in furore, in pochi istanti aveva sorpassati gli esquimesi che scappavano da tutte le parti mandando urla di terrore, e dopo d’aver girata la collina si era precipitata in mezzo ad una cinquantina di capanne allineate di fronte alla spiaggia, provocando fra gli abitanti uno scompiglio indescrivibile.

Udendo quelle urla e vedendo quel mostro sconosciuto rantolante e sbuffante, i vecchi che erano rimasti a casa, le donne, i fanciulli si erano slanciati fuori dalle catapecchie disperdendosi in tutte le direzioni.

Un uomo solo, che si avvolgeva in una gigantesca pelle d’orso bianco, la cui testa gli serviva da cappuccio nascondendogli quasi interamente il viso, era rimasto coraggiosamente fermo, minacciando l’automobile con una specie d’arpione a doppia punta e con un gruppo di code di lupo che agitava disperatamente colla sinistra.

Era l’angekok, ossia lo stregone della tribù.

— Ecco un personaggio importantissimo che noi dovremo trattare coi guanti, — disse il canadese. — Dik, andate a portare, come primo regalo, a quell’imbroglione, una bottiglia di gin.

Con un paio di sorsate si calmerà. —

Mentre lo chaffeur si recava nel carrozzone, l’angekok, preso da un improvviso delirio danzante, si era messo a girare e rigirare intorno al treno, spiccando salti indiavolati e urlando a squarciagola.

Scagliava maledizioni contro il mostro rantolante, colla speranza di farlo scappare, oppure manifestava in quel modo la sua sorpresa e la sua gioia?