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132 | capitolo x. |
L’esquimese lo guardò con una certa diffidenza, poi disse:
— Vedremo. Se sarà vero, nessuno mi leverà dalla testa che dentro quella bestia vi siano degli spiriti maligni.
— Mio fratello Karalit avrebbe perduta la sua fiducia verso suo fratello bianco?
— No, perchè non mi sono mai scordato che ti devo la vita.
— Allora tutto andrà bene. Dove si trova il tuo villaggio?
— Laggiù, dietro quella collina.
— Vuoi condurci?
— La mia capanna è aperta a te ed ai tuoi amici, ma non a quelle bestie.
— Non hanno bisogno della tua ospitalità. Quando sezionerai la balena?
— Domani, quando le ondate si saranno calmate.
— Allora precedici. —
Il capo fece ai suoi uomini un segno e la colonna si mise in marcia verso il villaggio.
Dik, il canadese e lo studente erano risaliti sull’automobile la quale pareva impaziente di riprendere lo slancio.
— Devo farla correre? — chiese Dik, riprendendo il suo posto dietro il volante.
— No, no, — rispose il canadese. — Non spaventiamo questi uomini primitivi. —
L’automobile si mise subito in moto, procedendo al passo e lanciando un urlo poco dissimile da quello della balena.
Gli esquimesi si erano arrestati di colpo, presi da un improvviso terrore, poi si erano slanciati a corsa disperata attraverso la pianura nevosa, in direzione del loro villaggio.
Il capo, non importa dirlo, era stato il primo a far lavorare le sue gambe.