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una caccia emozionante | 131 |
Il loro capo, un omiciattolo non più alto d’un metro e mezzo, tondo come una botte, tutto infagottato in una pelle d’orso bianco e le gambe cacciate dentro un paio di monumentali stivali di pelle di foca, guidava la colonna brandendo fieramente un vecchio fucile a cui mancava il cane e che doveva essere probabilmente un distintivo della sua alta carica.
Dik gli si era mosso sollecitamente incontro, dicendogli:
— Non mi si conosce più, dunque? Eppure un giorno io ho salvato te e anche il tuo kayak alla foce del Wenisk. Te ne ricordi, Karalit? —
Il capo rimase qualche momento immobile guardando attentamente l’ex-baleniere, poi mandò un grido e gli si avventò quasi addosso strofinando energicamente il proprio naso contro quello dell’uomo bianco.
— Mio fratello il pescatore di balene, — disse poi, in un pessimo inglese. — Sì, lo riconosco e sono ben lieto di rivederlo, quantunque tre volte i ghiacci si siano sciolti.
Che cosa fa qui mio fratello il baleniere?
— Te lo dirò più tardi.
— Chi sono quelli? — chiese indicando il canadese e lo studente, i quali assistevano al colloquio frenando a gran stento le risa.
— Sono miei amici, grandi cacciatori di balene.
— E quella bestia che brontola come un orso bianco?
— Una slitta o qualche cosa di simile.
— Piena d’animali feroci?
— Ma no!...
— E perchè brontola così? Non conterrà qualche spirito malefico?
— Spiegarti il perchè sarebbe una faccenda troppo lunga. È una slitta che gli uomini bianchi hanno inventata e che corre meglio di tutti i cani della tua tribù. —