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una caccia emozionante 127


Era vero!... Il colosso, reso certamente pazzo da atroci dolori causatigli o dalla perdita della lingua o dai morsi del vorace crostaceo, era andata a cadere, dopo un ultimo e più disperato slancio, su un banco subacqueo che non aveva potuto scorgere, ed era rimasta come ancorata, con tre quarti del corpo allo scoperto.

Solamente la possente coda era rimasta immersa, ma non poteva esserle ormai di nessuna utilità, anzi le era di danno, perchè ad ogni colpo delle due gigantesche pinne il corpaccio si insabbiava sempre più.

Quel banco non distava che duecento cinquanta o trecento metri dal luogo ove si era fermata l’automobile, quindi nulla poteva sfuggire, della lotta che stava per cominciare, ai tre viaggiatori.

Gli esquimesi, accortisi che la colossale preda non poteva ormai più evitare il loro attacco, affrettavano la corsa, mandando clamori assordanti.

Le loro leggierissime scialuppe, lunghe dai sei agli otto metri, coll’ossatura di fanoni di balena solidamente legati fra di loro con nervi di renna e di volpi ed il resto di pelli ben cucite e rese impermeabili, scivolavano sulle acque con fantastica rapidità sotto i colpi dei remi a doppia pala.

I piccoli uomini delle terre gelate erano coperti in modo da sembrare tanti orsi bianchi, avendo perfino le teste riparate da ampi cappucci villosi e pur continuando ad imprimere ai loro kayaks dei grandi slanci, non cessavano di urlare.

Una cosa aveva subito colpito il canadese: cioè che ogni canotto portava a poppa, a fior d’acqua, un paio di grosse vesciche ben gonfie d’aria.

— Che cosa ne faranno, Dik, di quei palloni? — chiese allo chaffeur.

— Quelle vesciche sono legate alle fiocine e servono ad im-