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paese rappresentato dal nostro Barracco, ebbimo la più bella vista, che la fantasia la più ardita possa immaginare.
A distanza la pianura del Po ove si distinguevano benissimo parecchie città e le strade ed i fiumi, che sembravano liste d’argento. Indi emergevano le Alpi, i cui contrafforti parevano dalla nostra altezza umili collinette. Sotto noi, tanto che sembrava, avremmo potuto lanciare in essi una pietra, i laghi da cui hanno origine la Lenta ed il Po, e certe roccie montone bellissime che non posso a meno di indicare alla tua attenzione. Attorno a noi guglie tagliate a picco, precipizii, orrori veramente sublimi. Massi enormi parevano tenere alla montagna per poco più di un filo, e certe piramidi acutissime sembravano doversi precipitare in basso con lieve spinta. Le roccie stesse sopra le quali noi ci trovavamo, erano in siffatta guisa fratturate, che non pareva gran fatto prudente lo scuoterle di soverchio. Regnava quel singolare silenzio sepolcrale che fa tanta impressione sulle alte montagne al di sopra dell’abitato, delle foreste e dei torrenti.
Ma egli è inutile che io tenti neppure di adombrarti spettacoli di tal fatta. Una sola penna avrebbe potuto dipingerli, quella di Dante! Gran peccato che il poeta fiorentino invece