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ad un tempo ardito ed esperto montanaro, non solo ebbe le più minute cure di noi durante il nostro soggiorno a Casteldelfino, ma ci procacciò quanto occorreva per la salita del Monviso, cercandoci i più robusti alpigiani a guide ed a portatori degli innumerevoli arnesi di che la Provvidenza, sotto le spoglie del conte di S. Robert, ci volle muniti.
Spendemmo il rimanente della giornata a Casteldelfino nel lasciar passare un temporale di poca importanza, nel visitare i dintorni che sono stupendi, e nell’ordinare l’occorrente pel giorno seguente.
Casteldelfino sta a cavaliere di un triangolo in cui il torrente di Chianale confluisce colla Varaita. Il verde di questo triangolo doviziosissimamente irrigato dalle acque dei due torrenti, e dalle numerose fontane che sgorgano dalle alluvioni su cui è fabbricato il villaggio; i boschi di larice, che tutto ammantano il monte Peyrone, che sta dirimpetto a Casteldelfino; il giallo dorato dei campi di cereali, che coprono fino ad una certa altezza la pendice settentrionale della valle; la limpidezza ed il rumorio delle acque; le erte balze del Pelvo e di altre punte che torreggiano in alto; le sinuosità della valle Varaita, ed al fondo nuove balze e nuovi dirupi; la freschezza e