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alla vetta del Monbianco, e che, per quel che io sappia, fu il primo italiano a salire sulla höchste Spitze del Monrosa, non fu lungo a persuadersi, e la sera del 9 agosto partimmo per Saluzzo onde visitare il conte di S. Robert a Verzuolo, e proporgli di tentare in tutti i modi la salita del Monviso, in compagnia di qualche ardito montanaro.
Il conte di S. Robert, al quale tu sai quanto stia a cuore il Monviso; che fece tradurre e stampare nella Gazzetta di Torino la relazione di Tuckett sulla salita; che aveva infiammato di entusiasmo noi e tanti altri; egli che fu insomma il vero iniziatore della impresa, non se lo fece dire due volte, e, dato mano alle tende, viveri, strumenti, e a non so quanti altri arnesi che egli aveva allestiti, in guisa, che non solo non ci mancasse nella nostra gita il necessario, ma neppure ci facesse difetto il superfluo, si pose senz’altro in carrozza con noi, e ci avviammo per la valle della Varaita. Ivi fummo più tardi raggiunti dal cav. Giacinto di St-Robert, il quale, malgrado che avesse fatto parte della comitiva così male guidata dal Peyrotte, si volle tuttavia a noi associare, quando seppe che eravamo decisi di tentare quanto per noi si potesse onde giungere alla vetta del Monviso.