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Discorso del Prof. G. Peano


UNA QUESTIONE DI GRAMMATICA RAZIONALE



Leibniz, nel suo scritto «de grammatica rationali» pose le basi di un nuovo campo di studi, che solo in questi ultimi tempi comincia ad essere coltivato. Il compianto Vailati, rapito or sono due anni da immatura morte alla filosofia, presentò al Congresso della Società Italiana pel progresso delle scienza, tenutosi a Firenze nel 1906, e pubblicò, nel 1908, un articolo «La grammatica dell’Algebra» ove studiò a che cosa corrispondano gli elementi grammaticali nelle formule algebriche. La presente comunicazione tratta del valore logico della categorie grammaticali.

Le grammatiche latine classificano le parole in categorie o parti del discorso, chiamate sostantivo, aggettivo, pronome, verbo etc. Il loro numero è generalmente nove; alcune grammatiche ne hanno meno. Le grammatiche greche ne hanno dieci, compreso l’articolo. Questo numero dieci è fisso nelle grammatiche francesi; le italiane sono più variabili. Io mi propongo di esaminare se questa classificazione sia reale o formale, cioè se l’essere una parola sostantivo, aggettivo o verbo, sia una proprietà dell’ente che essa indica, ovvero solo della forma della parola.

La questione presenta un interesse di attualità, ora che molti si occupano di lingue internazionali, più o meno artificiali. Il Volapük, in grande voga or sono venti anni, termina tutti gli aggettivi colla desinenza indo-europea -ico del tipo latino prosaico, publico, classico, e greco logico, geometrico, conico, ecc. Questa idea, sotto forme diverse, fu adottata da alcuni autori di interlingue più recenti.

L’Esperanto, nelle varie forme, fa terminare i sostantivi in -o e gli aggettivi in -a. Quindi gli autori di queste