Pagina:Un giovinetto di Canzano.djvu/19


— 15 —

Tutto de’ suoi lo sconsolato affanno,
10Perchè la mesta pöesia più truce
Fatto avrebbe quel duol che le trafitte
Alme tuttor sì duramente preme;
Anzi alcuna dolcezza entro a’ miei versi
Volli diffusa, perchè fosse pieno
15Il desir di colui che in sin dal Misa
Al garzon Canzanese era legato
In rispondenza d’amoroso affetto.
Questi nel giorno che nunciar s’udiva «
Morto è l’amico tuo! « qual è chi privo
20Della miglior di tutte gioje sue
Restò per fero caso, a me traea
Senza conforto lagrimando: e dammi
Dammi, o gentíl, dicea, di Pindo un fiore
Per la tomba di Jacopo; e l’olezzo
25De le sue foglie metta un lenimento
In chi sorvive a Lui, chiamando invano:
Figlio! Fratello! — Ahi! sospirato amico,
Sempre al cor quella triste ora mi torna
Che, lasciando ’l tuo colle, addio l’un l’altro
30Pietosamente ci dicemmo; e fitte
Come punta di chiovo ho in mezzo a l’alma
Queste parole tue = Forse ritorno
Tu farai qui; ma se parlar vorrai
Con chi teco or s’abbraccia..... io là t’aspetto!
35E in questo favellar drizzava il dito
A quel Campo funébre ove han quiete
Le reliquie de l’uomo. Almeno un bacio
Dar potess’ io su la modesta gleba
Che ti ricopre! A’ troppo austeri ingegni
40Par delirio l’affetto che leggiera