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38 | ultime lettere d'jacopo ortis |
Manca un’altra carta.
... s’io fossi nuovo; ma ho sentito fieramente tutte le passioni, nè potrei vantarmi intatto da tutti i vizj. È vero che nessun vizio mi ha vinto mai, e ch’io in questo terrestre pellegrinaggio sono d’improvviso passato dai giardini ai deserti: ma confesso ad un tempo che i miei ravvedimenti nacquero da un certo sdegno orgoglioso e dalla disperazione di trovare la gloria e la felicità a cui da’ primi anni io agognava. S’io avessi venduta la fede, rinnegata la verità, trafficato il mio ingegno, credi tu ch’io non vivrei più onorato e tranquillo? Ma gli onori e la tranquillità del mio secolo guasto meritano forse di essere acquistati col sagrificio dell’anima? Forse più che l’amore della virtù, il timore della bassezza m’ha rattenuto alle volte da quelle colpe che sono rispettate ne’ potenti, tollerate ne’ più, ma che per non lasciare senza vittime il simulacro della giustizia sono puniti ne’ miseri. No; nè umana forza, nè prepotenza divina mi faranno recitare mai nel teatro del mondo la parte del piccolo briccone. Per vegliare le notti nel gabinetto delle belle più illustri, ben io mi so che conviene professare libertinaggio, perchè le vogliono mantenersi in riputazione dove sospettano ancora il pudore. E taluna m’addottrinò nelle arti della seduzione, e mi confortò al tradimento — e avrei forse tradito e sedotto; ma il piacere ch’io ne sperava scendeva amarissimo dentro il mio cuore, il quale non ha saputo mai pacificarsi co’ tempi, e fare alleanza con la ragione. E però tu mi udivi assai volte esclamare che tutto dipende dal cuore — dal cuore che nè gli uomini, nè il cielo, nè i nostri medesimi interessi possono cangiar mai!
Nella Italia più culta, e in alcune città della Francia, ho cercato ansiosamente il bel mondo, ch’io sentiva magnificare con tanta enfasi: ma dappertutto ho trovato volgo di nobili, volgo di letterati, volgo di belle, e tutti sciocchi, bassi, maligni; tutti. Mi sono intanto sfuggiti que’ pochi che vivendo negletti fra il popolo, o meditando nella solitudine, serbano rilevati i caratteri della loro indole non ancora strofinata. Intanto io correva di qua, di là, di su, di giù, come le anime de’ scioperati cacciati da Dante alle porte dell’inferno, non reputandole degne di starsi fra’ perfetti dannati. In tutto un anno, sai tu che raccolsi? ciance, vituperi, e noja mortale. — E qui, dond’io guardava il passato tremando, e mi rassicurava, credendomi in porto, il demonio mi strascina a sì fatti malanni. — Or tu vedi ch’io debbo drizzar gli occhi miei al raggio di salute che il cielo mi ha presentato. Ma ti scongiuro, lascia andare l’usata predica: Jacopo, Jacopo! questa tua indocilità ti fa divenire misantropo. E’ ti pare che se odiassi gli uomini, mi dorrei come fo de’ lor vizj? tuttavia poichè non so riderne, e temo di rovinare, io stimo migliore partito la ritirata. E chi