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discorso sul testo del poema di dante 387

più presto in Italia che altrove; perchè il Petrarca aveva temperato l’orecchio alla prosodia provenzale, sonora di finali tronche più che la siciliana, che a Dante veniva fluida di melodia. La lingua nondimeno per que’ suoi fondatori fu scritta; nè mai parlata; e quindi i libri non avendo compiaciuto alle successive pronunzie, gli organi della voce hanno da stare obbedientissimi all’occhio. Il danno della parola dissonante dalla scrittura nelle lingue popolari e letterarie ad un tempo, è minore della sciagura che toccò olla Italiana, destinata anzi all'arte degli scrittori, che alla mente della nazione. A questo i tempi, quando mai la facciano parlata da un popolo, provvederanno. Per ora il potersi scrivere così che ogni segno alfabetico sia elemento essenziale del senso e del suono in ogni vocabolo, rimane pur quasi vantaggio su le altre sino da’ giorni di Dante. Onde mi proverò di rapprossimarla alla prosodia di tutte le poesie primitive, e alla ortografia che dove le lingue vivono scritte, ma non parlate, si rimane letteraria, permanente nelle apparenze, e svincolata de’ suoni accidentali e mutabili d’età in età nelle lingue popolari, e ne’ dialetti municipali. Forse così la lezione della Divina Commedia, perdendo i vezzi di fiorentina, ritornerà schietta e italiana.



FINE.