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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 381

» sitor di Firenze, di quello ch’esso credeva; —e inoltre: i<Al- » cuni versi eli e fece Dante Alighieri quando gli venia apposto » essere eretico e non credere in Dio ’. » Parecchie di siffatte eleganze edificanti, arricchite d’annotazioni « teologiche e gram- maticali ^ » si lasciano ad ogni parola convincere d’origine in- certa e tardissima sì facilmente, che i loro editori, — o che se le credessero genuine, — o che s’argomentassero d’illudere tutta l’Italia, — è da dire che fossero semplicissimi ad cgni modo. Fi- nalmente la scuola gesuitica e gli eunuchi metastasiani, e l’Ar- cadia parevano congiurati ad esporre Dante alla derisione del mondo ’. Ma la rivoluzione dalla quale la mente umana in Europa sembrò concitata istantaneamente; s’approssimava pa- lese ed irresistibile sino d’allora; e molte nuove opinioni erano promosse come per impeto di fatalità da quegli uomini, a’ quali importava di perseverare pur nelle antiche. Pio VI compiace- vasi che il suo nome si sotterrasse con le ossa di Dante in Ra- venna;* e \?i Divina Comw^rfm esaltata dall’Inquisitore comin- ciò ad essere stampata alle porte del Sacro Palazzo in Vati- cano ^.

CCVII. Diresti che gli anni, impazienti di mutazioni, voles- sero simultaneamente portarle anche in cose di nessun mo- mento al più de’ mortali ; perchè quasi gli stessi accidenti al- terarono a un tratto i testi di Omero e di Dante. Mentre Ga- sparo Villoison verso l’anno nSS esplorava nella libreria di Venezia alcuni logori avanzi di emendazioni applicate nW Iliade sino dal secolo de’Tolomei, il jadre Lombardi francescano, dell’ordine di Papa Ganganelli che abolì i Gesuiti, andava col- lazionando r edizione Nidobeatina, non desideiataa que’ giorni se non forse dagli innamorati di rarità tipografiche. Le osser- vazioni che indi vennero in danno delie Volgate deìV Iliade e della Divina Commedia ; la celebrità e la antichità della lin- gua; e i secoli più eroici che storici de’ due poemi primitivi, provocarono da tutte parti la libertà delle congetture, e l’am- bizione d’emendazioni che o non saldano piaghe, o vi lasciano brutte le cicatrici. Ristoratore del testo Dantesco , e atroce emulo del Lombardi, viveva monsignor Dionisi, nel quale for- s’era da osservarsi la umana natura com’è bizzarramente mo- dificata nelle anime de’ grammatici, degli antiquarj. e de’ cri- tici. Oltre alla incontentabilità di noi tutti \ev le fatiche dei nostri predecessori, le sue sentenze sapevano dell’ autorità di prelato, e della noncuranza signorile di un patrizio italiano — -


1 Zaccr\ria, Storia letleraria d’Italia, voi. VII, pag. 98,

2 Quadrio. Storta della Poesia, VII, pag. 120. Lami, Catalogo dei niss. Rie- eardiani, nelle Memorie per la Vita di Dante, p. 456 nota 1, e [)ag. 162; e nel- l’ediz. Zatta. voi. IV, parte 11, 17(30. o h; annotazioni sono del Quadrio.

3 Bettinelli, Lettere di Virgilio agli Arcadi.

4 Descrizione del Sepokro di Dante, rifatto dal cardinale Valenti GonzKa Fircnz’, 178). ’° ’

5 Vedi le Approvazioni alla cdiz. dei Lombar -i. 1791.