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ISCORSO SUL TE3T0 DEL POEMA DI TANTE. 379

non ne rifiutasse da quattro in cinquecento lezioni ’. Ben era ed è — ma e quale Accademia letteraria, grammaticale e in- sieme municipale, non è? — condannata per forza di istituto e di costume e di regole a smarrire ogni sentimento poetico, ed ogni critico discernimento. Pur allora vi compensò con in- dustria e coraggio più dell’usato; e come che non sapesse far capitale delle migliori varianti , le spigolò in più di novanta codici, e scemò fatica agli studj de’ posteri. E se noi siamo fortunati — e più forse in queste minuzie che in altro — n’ha merito il Tempo, che guidò seco non tanto il vero, quanto l’op- portunità d’indagarlo. Poco più che gli Accademici si fossero indugiati, sarebbero stati angariati da’ discepoli di san Dome- nico a mutilare la Commedia peggio del Decamerone ’.

CCVI. Per quanto i Papi contmuassero a tollerare il libro ¦che non si sentivano potenti a inibire (e benché non ne patis- iiero ristampe in Roma, Pio IV l’ebbe intitolato al suo nome) *, il Sant’Ufficio Spagnuolo, fattosi potente in Italia, decretò — « che da tutte le edizioni con esposizioni e senza, si abolis- sero tre lunghe allusioni ^ » — da che i valent’uomini non ne vedevano più che tante. Indi l’Italia , per tutti quei cento e trent’anni fra le edizioni della Crusca e del Volpi, a pena udiva di Dante più in là del nome. Né la sua fama cominciò a rin- novarsi sui principiare del secolo xviii, se non per le contro- versie clamorose incontrate spesso qui addietro. Come che le si affaccendassero presso che tutte intorno a puntigli di dia- letti, anticaglie di codici, e preminenze municipali, e piuttosto per le pellegrinazioni dell’Autore che per la illustrazione del- l’Opera, parve a’ Gesuiti di non temporeggiare a occuparla, e farsene critici ed espositori alla gioventù. La dedicarono a Cle- mente XII; la censurarono, e la palliarono come se l’Autore

er ostentazione di sapere peccasse balordamente di irreligione.

1 padre Venturi gli fa da maestro di teologia insieme e di poesia *. Per palinodia della sua conversazione con gli Apostoli in paradiso *, furono celebrate certe rime ascetiche appostegli per avventura non molto innanzi l’epoca della stampa, da che non è da trovarne menzione né segno in veruno degli scrittori che dal primo Villani sino a Leonardo Aretino registrarono ad


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1 Sono da 463, se non le novero male, fra le parecchie trascurate ne’ mar- gini dallo stampatore florent., e riposte nella Cominiana.

2 Discorso sul Testo del Decamerone.

3 Edizione del Sun.sovmo, 1564.

4 Index librorum expurgandorum, Malritii, 1614, presso il Volpi e gli Editori Padovani nella Serie delle ediz. : e qui sopra, sez. XLVI, pag. 183,

5 D\NiK, con una breve e sufficiente dichiarazione del senso letterale y di’ versa in più luoghi da quella degli antichi commentatori. Dedicato alla Santità di N. S. Clemente XII. In Lucca, per Sebastiano Domenico Capurri, 1^32. A spese della Società. — Volumi tre in-8. — Il commentatore fu poi conosciuto per il Padre Pompeo Venturi della Compagnia di Gesù, che sola forse avrebbe potuto indurre un papa ad accettare la dedica d’un lavoro d’autore anonimo.

6 Sezz. XLH-XLVI.


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