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ultime lettere d’jacopo ortis. 35

coperte, ed ora alcuni romanzi francesi gittati qua e là. In questa le porte si schiusero, ed io sentiva l’aere d’improvviso odorato di mille quintessenze, e vedeva madama tutta molle e rugiadosa entrarsene presta presta e quasi intirizzita di freddo, e abbandonarsi sovra una sedia d’appoggio che la cameriera le preparò presso al fuoco. Mi salutava più con le occhiate, che con la persona - e mi chiedea, sorridendo, s’io m’era dimenticato della promessa. Io frattanto le porgeva il libro, osservando con meraviglia ch’ella non era vestita che di una lunga e rada camicia, la quale, non essendo allacciata, radeva quasi il tappeto, lasciando ignude le spalle e il petto, ch’era per altro voluttuosamente difeso da una candida pelle in cui ella stavasi involta. I suoi capelli, benché imprigionati da un pettine, accusavano il sonno recente; perché alcune ciocche posavano i loro ricci or sul collo, or fin dentro il seno, quasi che quelle picciole liste nerissime dovessero servire all'occhio inesperto di guida; ed altre calando giù dalla fronte le ingombravano le pupille; essa frattanto alzava le dita per diradarle e talvolta per avvolgerle e rassettarle meglio nel pettine, mostrando in questo modo, forse sopra pensiero, un braccio bianchissimo e tondeggiante scoperto dalla camicia che nell’alzarsi della mano cascava fin oltre il gomito. Posando sopra un piccolo trono di guanciali si volgeva con compiacenza al suo cagnuolino che le si accostava e fuggiva e correva, torcendo il dosso e scuotendo le orecchie e la coda. Io mi posi a sedere sopra una seggiola avvicinata dalla cameriera che si era già dileguata. Quell’adulatrice bestiuola schiattiva, e mordendole e scompigliandole, quasi avesse intenzione, con le zampine gli orli della camicia, lasciava apparire una gentile pianella di seta rosa-languida, e poco dopo un picciolo piede, o Lorenzo, simile a quello che l’Albano dipingerebbe a una Grazia ch’esce dal bagno. O! se tu avessi, com’io, veduto Teresa nell’atteggiamento medesimo, presso un focolare, anch’ella appena balzata di letto, così discinta, così — chiamandomi a mente quel fortunato mattino, mi ricordo che non avrei osato respirar l’aria che la circondava, e tutti tutti i miei pensieri si univano riverenti e paurosi soltanto per adorarla — e certo un genio benefico mi presentò la immagine di Teresa; perch’io, non so come, ebbi l’arte di guardare con un rattenuto sorriso il cagnuolino, e la bella, poi il cagnuolino, e di bel nuovo il tappeto ove posava il bel piede; ma il bel piede era intanto sparito. M’alzai chiedendole perdono ch’io fossi venuto fuor d’ora; e la lasciai quasi pentita — certo; di gaja e cortese si fe’ un po’ contegnosa — del resto non so. Quando fui solo, la mia ragione, che è in perpetua lite con questo mio cuore, mi andava dicendo: Infelice! temi soltanto di quella beltà che partecipa del celeste: prendi dunque partito, e non ritrarre le labbra dal contravveleno che la fortuna ti porge. Lodai la ragione; ma il cuore aveva già fatto a suo modo. - T’accorgerai che questa lettera la è ricopiata, perch’io ho voluto sfoggiare lo bello stile.