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DISCORSO SUL TESrO DEL POEMA DI DANTE.

Io fai degli agni della santa greggia C’^-e Domenico mena per cammino, U’ b ’H s’ impingua so non si vaneggia « 

Procedendo a ragionare dell’ istituto e della degenerazione dei suoi frati predicatori, dimostra alla fine del canto seguente, come, anziché impinguarsi di santità, si gonfiavano di vana- gloria scolastica : e ripete il verso, e stando al testo dell’ Ac- cademia, conchiude :

E vedrà il corregger che argomenta U’ ben s’ impingua se non si vaneggia 2.

Or agi’ interpreti tutti, benché nelle prime edizioni discor- ressero loquacissimi sopra ogni sillaba, quella parola correg- gere si mostrò ravviluppata di spine, e non si provarono mai di toccarla; e il Volpi, iUe idem, se ne guardò. Primo il Ven- turi, da che la temerità spesse volte fa da dottrina, spiegò — correggere, è correzione ; — onde altri poscia v’intese « la ri- » forma dell’ istituto de’ frati Domenicani ; * » sperò di prov- vedere la chiosa d’ un po’ di senso, e si rassegnò alla sintassi. Due tre copiatori di codici nondimeno avevano alterato il COREGGER in CORREGGER,* * 6 chi avcssc Sottratto una r avrebbe rapprossimato il vocabolo alla vera lezione. I Francescani si cingono d’una corda, e i Domenicani d’una coreggia; e un Ac- cademico della Crusca chiamava gli cordeglieri e coreggianti , appunto quando i suoi consorti attendevano all’emendazione della Divina Commedia ". Non però sospettarono che Dante , il quale pur nomina cordigliero un uomo d’armi arrolato nelle legioni di san Francesco , potesse chiamare coreggiere uno de’ sgherri di san Doni’ nico. Dal mutamento lievissimo del Lom- bardi di CORREGGERE in COREGGERÒ, il scnso USCÌ lucido c cor- j-ispondente a tutto il discorso. Taluni nondimeno stanno re- ligiosissimi alla comune lezione, perchè fu tramandata alla ve- nerazione de’ posteri dalla Crusca; perchè fu emendata facil- mente da altri ; e perchè , se gli errori non fossero difesi a ])enna indefessa, i nuovi interpreti non potrebbero far prove •i’ ingegno *. — Delle varie lezioni di questa prima specie era ìecondissima l’ignoranza de’ copiatori, ciascheduno de’ quali dove non intendevale rinuitava parole; seguendo il po’ di sapere e d’ ingegno che si trovava d’ avere, e adattandole alla pronun- zia del dialetto che gli era proprio : di che vedrai spessi esempj, segnatamente ne’ latinismi ’. Così pieno d’ idiotismi veneziani scopresi un codice del Seminario di Padova; perciò il verso •


1 Paradiso, X, 94 96.

2 Ivi, XI, ult.

3 Costanzo, Annotazioni al Codice Cassinense.

4 Torelli, presso gli Editori Padovani, voi. Ili, pag. 284.

5 Davanzali, Scisma d’ Inghilterra, pag. 62, Ed Milanese.

6 IJiagioli, ed nllri m qnel luogo.

7 Vedi Varianti all’Inferno, VII, 6’J.


DISCORSO