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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANtÈ.

Epistole al Comune, esistenti sino a mezzo il secolo xv *, mi indusse da prima a non so quale sospetto che Filelfo, il vec- chio, le ave&se trafugate in Firenze. Quivi allora per parecchi anni ei fu principe delle lettere; poi detronato , e bandito, e infamato reo di tutte ribalderie; " — calunnie le molte; ma stavano bene a chi era nato a morire calunniatore di nemici ed amici, e lasciare eredi moltissimi della beli’ arte in Italia. Tuttavia fra le imputazioni, o di ladro di tanto numero e mole d’autografi al padre, — o d’ mventore ciarlatanesco d’alcune citazioni al figliuolo, — a questa parevami obbligo d’ umana equità d’attenermi, e guardarvi più addentro; e uscì manifesta ^ A quanto oggi intendo, i grammatici Fiorentini del secolo di Leone X, sgomentati dall’autorità del loro grande concittadino che nel trattato d’Eloquenza Volgare negava ad essi ogni si- gnoria su la lingua ^ furono giudicati sospetti — « d’avere o » celato, distrutto le scritture riconosciute anticameute di » mano di Dante; perchè con ciò, togliendo il modo di più » fare verun confronto, si dovesse ritenere U detto libro pei » una impostura di chi lo rinvenne, e i manoscritti, se pur vi » fossero, delle altre opere di Dante, dovessero insieme coe » tutti gli altri censiderarsi per copie *. — Vecchia o moderna che sia l’accusa (quando chi la propone non reca innanzi au- tori ne date), pare stolta a ogni modo, ingiuriosa a chi la fa e a chi la riceve, e si velenosa, che, ov’ anche potesse atte- starsi da tutti, ninno dovrebbe mai rammentarla fra uomini che per via di recriminazioni letterarie facilitarono le arti della tirannide a perpetuare la discordia civile fin anche nella gram- matica, per raggravare la servitù comune a que’ miseri. SenoD che sotto tanta malignità evidentissima, non è da scorgere né pure ombra di verità. I Fiorentini non potevano possedere le opere autografe d’ uno scrittore che lasciò le ossa, e tutta la sua discendenza fino all’ ultima generazione , fuor di To- scana.

CLXXV. V esemplare dell’ operetta intorno alla lingua che sia stato mai ricordato, serbavasi in Padova ; ® e la traduzione, che sola da prima fa conosciuta, uscì nel 1529 in Vicenza ’ Rincrescemi che per onore del nome , ho fatto altrove men- zione che più non meritava per sé della diatriba famosa con-


1 Vedi dietro, soz. CVI. , . .„„« 

2 William Sh^-pherd, Life of Poggio, cap. VI, pagg. 258-278, Liverpool, 1802, — Ed è opera d’uomo dotto davvero, e scritta a tenere compagnia alla Stona de’ secoli Medicei di Guglielmo Roscoe.

3 Sezz. ex XVI e CXXVII.

4 Sez. CXXII. „ ^. „;,.

5 B blioteca Italiana, num. CI, maggio 1823; e segnatamente nell ediz. Udì* nese la lettera al Marchese Trivulzio, verso la fine.

6 Corbinelli, Lettera Dedicatoria delle annotazioni, pag. 83, ediz. citata qui dietro, sez. CXXVI, nota prima. . „ . „

7 Vedi ne’ cataloghi mh eaizioni deA yrissino, la ftiuna del suo Castellano


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