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DISCORSO SUI. TESTO DEL POEMA DI DANTE. 335
della Commedia, pare manifestissimo dalla circostanza che non v"è codice dove sia da trovare imita la lettera che gli dedica il Paradiso. Perciò non 1’ ebbi per autentica, se non dopo lunga perplessità; e quando, oltre alle molte sue coerenze a tutto il Poema, e allo stile e a’ pensieri di Dante , e agli avvenimenti e alle date de’ tempi, vidi che il Boccaccio non pure la nomina, ma se ne giova nel suo Commento, q talor la traduce’. Altri- menti, mi sarei creduto eh’ ei non ne sapesse se non quanto n’udì dalla tradizione. Tanto e non più raccontava intorno alle altre Dedicatorie. — « La prima parte, cioè Inferno, titolò a » Ugoccione della Faggiuola, il quale allora in Toscana era » Signore di Pisa mirabilmente glorioso. La seconda parte, cioè » Purgatorio, intitolò al Marchese Morello Malaspina. La terza » parte, cioè Paradiso, a Federigo III, re di Sicilia. Alcuni » vogliono dire , lui averlo titolato tutto a Messer Cane della » Scala; ma qual si sia Funa di queste due la verità, niuna » cosa altra n’ abbiamo, che solamente il volontario ragionare » di diversi; né egli è si gran fatto, che solenne investigazione » ne bisogni *. »
CLXXII. Era religione di Dante « di seguire in tutto, l’ana- » logia ; » e per questa parola pare che intendesse anche re- tribuzione. Però dedicò a Cane della Scala la Cantica « deco- » rata del titolo di Paradiso, come la più sublime delle tre, e » la men aiseguale a’ beneficj ricevuti , e alla preminenza del » Signor di A’erona fra’ principi Ghibellini ’. » Pur chi togliesse quel passo, la lettera nel rimanente direbbesi disegnata a guisa d’introduzione a tutto il Poema \ Indi forse prevalse la tradi- zione che fosse tutto dedicato al nome dello Scaligero, tanto più quanto è il solo splendidamente esaltato in ciascuna delle tre Cantiche. Ma donde il Boccaccio intendesse, o come potesse ideare, a che fine gli giovasse di insinuare che l’opera intera, o alcuna delle tre parti avesse in fronte una lettera in onore di Federigo Re di Sicilia, forse non una di mille e più con- getture potrebbe cogliere il vero. Certo era tradizione più an- tica, e al modo usato dell’altre.
D’occuIK) rivo imperrersò torrente.
Cosi arrivava sino a Voltaire , il quale se avesse additato le
1 Commento, canto I.
2 Vita di Dante, pagg. 68-69.
3 Uaqne cum dogmatibus viomlis negotiis amicitiam, ai qiiam et salcari ana- logo doceatur ad retribuexdnm prò collatis hene/ìciis. qua semel analogi ¦ segui, mihi votivum ed, et propler quod munuscnìa mea swpe muUum cousdcxì, et ab- tnvicem segregavi, sed non segregala percensui, dignumque cujasquc vobU in- quirens. Aeqiie ipmm praeminentiae vestrae conqruum e mperii, maqisnue co- moediae sublimem canticam. quae dccoratur titulo l>ar;iflisi . et illam sub prae- senti epistola , tanqnam sub epigrammatd proprio , dedicatam vobis adscribo. vobis olfero, vobis denique recommendo. — Dedica del Paradiso, pas. 4:0 edi- ziono Zatta. ’ ’ ¦=
4 Vedi dietro, sez. LXXXV.
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