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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

Altrove censura « il fiero pasto » del conte Ugolino; ma non lo vedo mai critico d’altre Cantiche dopo la prima. — Del Villani, non mi sovviene il luogo; pur so ch’egli nota ne’ Fio- rentini viventi alcuni vizj de’ dannati da Dante. — Nelle Rime di Gino da Pistoj a, nuovamente illustrate da un uomo dotto’, lessi un componimento che rinfaccia a Firenze d’avere patito che morisse fuggiasco, e si verificasse la predizione di Brunetto Latini ; —

La tua fortuna tanto onor ti serba, Che runa parte e l’altra avranno tome Di te : ma lungi fla dal becco l’erba 2.

Or non ho il libro, né posso dire dell’autenticità di que’ versi *. Gino ad ogni modo sopravvisse di quasi vent’ anni all’amico suo;’’ e ove pure paresse che in que’ versi ei lo pianse subito dopo eh’ egli morì , il trattato su 1’ Eìoqxienza Volgare mostra a ogni pagina che l’ammirazione e l’amore caldissimo a Gino può avere indotto l’Autore a lasciargli conoscere alcuni traiti sconnessi del suo grande Poema; e più forse che non erano noti a moltissimi. Il Villani invecchiò sino a mezzo il se- colo XIV. Però fra le indicazioni che guidano al tempo proba- bile dell’edizione della Commedia, "^YìmQ e più antiche sono da reputarsi le citazioni di Gecco d’Ascoli , condannato nel 1327 dal Sant’ Ufficio «.

GLXXI. Computando che Gecco scrivesse tre, ed anche quat- tro anni innanzi la sua misera morte, t’incontrerai col Boc- caccio che protrae a più d’undici mesi l’esemplare intero com- pilato da Jacopo e Pietro Alighieri , e rammenta le scritture « pianamente purgate dalla muff’a » a poterle discernere e ri- copiarle ^. E se tu consideri che i versi recitati da coetanei di Dante, oltre all’essere tutti della prima Cantica, e fors’ anche noti senza molta parte del loro contesto, si stanno ne’canti dove la Chiesa non è toccata, parrà suggerito dalla necessità di scan- sare i pericoli anche l’anedotto chei figliuoli «secondo l’usanza » dell’Autore, prima mandarono a Messer Cane della Scala » ( i canti trovati ) , e poi alla perfetta Opera li ricongiunsero » siccome si conveniva ’. » — Quanto poco fosse probabile che Dante avesse per usanza di spedire coiue a Verona di tutti i canti appena finiti, è mostrato ". E che Cane non fosse editore


della Fortuna un’Intelligenza angelica, deputata a governare, con leggi certe e oscure a’ mortali, lutti i moti dell’universo. Inferno, VL

1 Ciampi. P;sa, 4813.

2 Inferno, XV 70-73,

3 Tiraboschi, Storia della Letteratura, voi. IV, pag. 305.

4 Vedi dietro, sez. LVI.

5 Sez. XXVI.

6 Vedi in questo stesso Volume — Postille alle Rime di Gino da Pistnja — V Avvertenza; e quindi la nota 1 alla Canzone XX (parte quinta). {L’Ed. Fior)

7 Loco citato.

8 Sezz. XXXVI. *«^