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SUL TESTO DEL POEMA DI DAKTE. 331

scorso del generoso annalista d’ Italia sia qui referito , poiché, dallo stile rimesso in fuori, diresti d’intendere le ultime parole di Dante morente. — « Ma perciocché si sarebbe potuto dire, » siccome infatti si disse , che al Pontefice sconveniva il mi- » schiarsi in guerre , per invadere gli stati altrui, e poco ben » sonare il far servire la religione a fini politici , mentre non » appariva, che i romani Pontefici avessero diritto alcuno tem- » porale sopra Milano e sopra le altre città di Lombardia, » Marca di Verona, e Toscana, mentre essi Principi tenevano » quelle città dall’Imperio, e le conservavano ] er l’Imperio: » fu anciie trovato il ripiego di dar colore di religione a que- » sta guerra. Andò pertanto ordine Agl’Inquisitori di fare un » processo d’ eresia a Matteo Visconte e a’ suoi figliuoli , e lo » stesso dipoi fu fatto contro Cane della Scala , ed altri capi » de’ Ghibellini d’ allora ; i quali tutti , benché protestassero » d’essere buoni cattolici e uobidienti alla Chiesa nello spiri- » tuale, pure si trovarono dichiarati eretici, e fa predicata » contro ai loro la Croce. Insomma abusossi il re Roberto, per » quanto potè, della smoderata sua autorità nella Corte Pon- » tificia, facendo far quanti passi a lui piacquero a Papa Gio- » vanni , con porgere ora motivo a noi di deplorare i tempi » d’allora. Che i Re e Principi della terra facciano guerre, è » una pension dura , ma inevitabile di questo misero mondo. » Inoltre, che il Re Roberto tendesse a conquistir l’Italia, può » aver qualclie scusa. Altrettanto ancora faceano dal canto loro » i Ghibellini; nò questi certo nelle iniquità la cedevano ai » Guelfi. Ma sempre sarà da desiderare, che il Sacerdozio, isti- » tuito da Dio per bene dell’anime, e per seminar la pace, non » entri ad ajutare, e fomentar le ambiziose voglie de’ Principi » terreni ; e molto più guardi dall’ambizione sé stesso ’. »

CLXIX. A rinfiammare l’ira e il dolore di Dante, e fargli più gravi i pericoli, venne Capitano dell’esercito pontificio un figliuolo di quel Carlo V di Valois , mandato già da Bonifa- cio VIII in Firenze, e stipendiato da’ Guelfi, a diffamale il poeta, e cacciarlo con altri molti dalla Repubblica’^. Il cardi- nale Poggetto, che poscia voleva disotterrarlo dalla sepoltura, era Mentore del giovine principe, ed esecrato dal Poeta, esso pure come Cardinale e Francese e figliuolo bastardo del Papa Francese ’. Il concorso di queste circostanze rafferma la con- gettura che i vaticini contro la Chiesa rinfierirono nel Poema di Dante verso la fine della sua vita;"* — e aggiunge verità alla narrazione o non osservata , o sprezzata , che a’ suoi fi- gliuoli per quasi un anno non venne fatto di apparecchiare


i Muratori, anni 1319-1320.

2 Glo. Villani, lib. IX, 107.

3 Petrarca, Epistola, sine titulo^ VII.

4 Qui dietro, sez. CXLI.


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