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DISCOUSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

Quivi anche i sillogismi sono più spessi e dedotti con affetta- zione scolastica : quando invece le idee astratte, e le teorie me- tafisiche nelle altre due Cantiche parlano evidenti o per via d’immagini, o con eloquenza più passionr’a e più facile. Per tltro, il sapere a quale delle tre parti o de’ loro cento canti at- tendesse prima o dopo , è questione o^^curissima e di poco momento, quando tutte a ogni modo furono composte , e poi ritoccate. La idea del Poema è visibile fuor d’ogni dubbio nel- l’animo dell’Autore ancor g. ovine; e la tarda esecuzione si fa manifesta nelle allusioni ad eventi accaduti poco innanzi ch’ei si morisse; ed ogni nuovo avvenimento che rinfiammava le sue passioni ed agitava la sua fantasia , diveniva nuovo e più caldo elemento dell’opera. Torna tutt’uno a negare e provare che Dante n’aveva composto, o sei canti innanzi ch’ei fosse cac- ciato dalla sua patria, o né pure un unico verso’. Ma sia — bench’io pur creda altrimenti — sìa che il Boccaccio citando i nomi delia moglie, della sorella, del nipote, e degli amici di Dante, e il giorno e il luogo e il mf do de’ manoscritti trovati dentro un forziere^, adornasse novelle né più né meno; il nodo sta tutto a trovare se que’ primi canti fossero per l’appunto quali oggi noi li leggiamo. E se furono fatti, e disfatti e ri- fatti più volte, e rimutati qua e là, non è ella vanissima tesi questa di molti, che Dante mentre era ancora in Firenze, non si fosse provato d’incominciare la visione da lui presagita in un’operetta finita e pubblica sei o sette anni innanzi ch’ei fosse esiliato? E dall’altra parte, da poi che Cane della Scala, de- scritto nel primo canto , non fu né potente né adulto , se ncn molti anni dopo l’esilio dell’Autore , non basta egli a provare che il principio dell’Opera è altro da quello che stava ne’ ma- noscritti dell’Autore mandatigli da Firenze? Fra poco l’allegoria della selva che fa da introduzione al Poema, apparirà o inven- tata di pianta o alterata per adattarla alle condizioni dell’Ita- lia, ed agli individui regnanti dopo che avevano cospirato a prostituire la religione di Cristo.

CLXI. Il merito sommo e più occulto sta nell’architettura del Poema, stabilito come gli edificj de’ Veneziani sopra fon- damenti che si profondano sotto il mare assai più che le loro moli non s’innalzano verso il cielo. Anche dal poco che potrò dirne nelle Elustrazioni a ciascheduna delle tre Cantiche, ap- parirà come la mente infinita di quell’uomo meraviglioso era governata da leggi ch’egli avevale imposto, sì che perseverasse a eseguirle come se fossero preordinate da’ fati. Or solamente guardando all’apparente disposizione e a’ compartimenti mag- giori e minori di tutto il lavoro, ti avvedi che furono conge- gnati con tanta previdenza ch’ei potesse lasciarlo compiuto


1 Qui dietro, s^zz. XXII e XXVI.

S Boccaccio, Vita di Dante, pag. 63 ; e nel principio del Commento.


DISCORSO