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318 DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.
e di dottrine religiose, forse alcuna copia ottenevano gli ospiti dell’Autore innanzi che si morisse. Non così dell’Ofera intera, e men che altro, de’ canti che alludono alla condizione della Romagna, allo strazio che ne facevano i suoi tiranni, e alle schiatte gentili perseguitate dall’aquila da Polenta’. Guido fece di sua figlia una vittima all’ambizione di stato %• e Dante non era tale da consentire alla gratitudine che offendesse il disegno e la ragione su] rema della sua grande Opera. E po- niamo che Guido la sa] esse pur tutta; ei non viveva sì libero di pericoli che potesse allrontare molti altri e gravissimi, pro- teggendo apertamente un libro diretto contro a’ Papi morti e viventi. Se, come io presumo, il Poeta sentisse nell’animo, o solo stimasse utile di far credere , eh’ egli era delegato dagli Apostoli, è uno degli arcani de’ quali gli uomini perseveranti a mèta pericolosa ed altissima, non sogliono mai parlare che alla loro coscienza. Il futuro si maturò sì contrario alla sua aspettazione, che i suoi famigliari dissimularono, e questa, se pur mai n’ebbero indizio, ed altre intenzioni di minore mo- mento, e ch’essi — e le prove cominceranno ad uscire chia- rissime — non potevano né ignoiare, ne dire. Il silenzio gli preservò la gloria poetica intatta dal titolo d’ impostore ; e dalla longanimità nel silenzio e nel sudore pendeva la perfe- zione del lavoro, sì che la poesia s’arricchisse di storica verità, e s’ esaltasse di profetica ispirazione. Tu vedi l’Autore conti- nuamente osservando i suoi tempi ,
Si che notte né giorno a lui non fura Passo che faccia il secol per sue vie.
Gli eventi quant’ erano più recenti ed inaspettati all’ Italia, tanto più cospiravano all’ intento politico e religioso di Dante. Le dispute intorno al quando egli desse principio e termine all’Opera, moltiplicarono conclusioni irreconciliabili, e tutte false egualmente, per ciò che germogliavano dall’ ipotesi ch’ei la tenesse mai per finita.
CLIX. E quanto all’origine, l’opinione più antica a me pare più filosofica e prossima al vero. Fu espressa con eloquenza; e fu nondimeno la men osservata da’ critici , forse perchè la intendevano dal Boccaccio: — « Kngguardando Dante dalla » sommità del governo della Repubblica, sopra la quale stava, » e vedendo in grandissima parte , siccome di sì fatti luoghi » si vede, qual fusse la vita degli uomini, e quali fussero gli » errori del vulgo, e come fussero pochi i ùisvianti da quello, » e di quanti onori degni fussero quelli che a quello s’ acco— » stassero, e di quanta confusione; dannando gli studj dique- » sti cotali, e molto più li suoi commendando, gli venne nel-
1 Qui dietro, sezz. CXLI, CXLII. 9 Boccaccio, Commento, loco citato.
DISCORSO