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296 DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

Quando s’accorse d’alcuna dimora Ch’io faceva dinanzi alla risposta, Supin ricadde, e più non parve fuora:

vicino a questa:

Ma quell’altro magnanimo, a cui posta Restato m’era, non mutò aspello. Né mosse collo, né piegò sua costa:

E se, coniinuando al primo detto disse :

fanno maraviglioso il contrasto. Tuttavia V impassibilità di Fa- rinata a tanto lutto del suo compagno, parrebbe anzi affetta- zione stoica, che fortezza d’eroe; e attinta da’ luoghi comuni de’ retori, anzi che dalle viscere del cuore umano. Riesce quindi artificiale a chiunque non sa «— né per me veggo interprete che lo accenni — che Farinata, udendo la morte di Guido, udiva la morte del marito della sua figlia ’. 11 non mutare aspetto, né chinarsi a piangere con l’afflitto, hanno ragione storica, e quindi descrizione più esatta dell’ umana natura nei forti, e bellezza più viva di poesia. Dipingono l’anima di ehi, sentendo le afflizioni da uomo, le dissimula da cittadino; e non permette agli affetti domestici di distoglierlo dal pensare alle nuove calamità della Patria. Però si tacque del genero ; e continua il suo discorso per dire che la cacciata de’ Ghibel- lini della repubblica lo tormentava più che il letto rovente dov’ ei giacevasi co’ seguaci della filosofia d’ Epicuro ’. Lucano gli avrebbe fatto declamare una lunga orazione. Dante si tace anche del parentado di Farinata e de’ Cavalcanti, e del valore cavalleresco di Guido, note cose all’ Italia d’ allora. Lascia a Farinata tutta la gloria guerriera, e celebra in Guido l’altis- simo ingegno sdegnoso di lasciarsi iniziare nella filosofia con lusinghe e finzioni poetiche, al pari di Dante *. Il titolo per- petuo di Massimo conceduto fra’ promotori dell’idioma mo- derno a Guido Ouinicelli nel libro intorno all’ idioma volgare, e l’onore fattogli come al « Padre degli scrittori Italiani » nel Purgatorio^ accrescono le lodi del Fiorentino « che rapì al Bolognese la gloria della lingua *. »

CXLII. Ma l’andar indagando come si possa cacciare da que’ versi del Purgatorio l’un di que’ Guidi a riporvi o il giu- dice di Messina, o Guido Novello signor di Ravenna, è gara d’ozio. Che il Ravennate si dilettasse di poesia non è da ne- gare. Spettava al secolo precedente, e alle razze de’ cavalieri poeti, cne dove avevano signoria tenevano corte bandita a’ Tro-


t Ricordano, Croniche: Scriptores Rerum Italicarumi voi. VII, pag. i008. — Gio. Villani, lib. VII, cap. 15.

2 Inferno, X, 76-78.

3 UÀ, e i versi stanuo citali qui dietro, sez. GXXXVII.

4 Purgatorio, XI, 97 ; XXVI, 92, seg