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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

mamente credo, dal Bembo, e poi da’ grammatici fiorentini fra’ padri della lingua, perchè, tid indo nel frontini izio ambi- guo della staniim f;ittane nel 1481, gli ascrivevano d’avere ir dotto da ^è d.l latino la sua Stona di Troja, e talor anche allog Vfino esemij d:i codici, non avveda dosi che invece di ei>fc>ere e. pie I’ uno dell’ altro, contenevano due tradnzu)ni di- verse ; li p.ù antica fatta da un Fiorent.no nel 1324, q> a do l>;inte, e il g.ndice Mcssiu»’>e assni prima, e ano alloramai fot- te, iati, e r Irn iul VS’Ai da uu Pistoiese, sovra un codice avuto da Fiierr/e. T ? essmesi poi puLblicau nla sotto il nome di (Juido •. - Ma oggimai, dafoise ter. t’armi. e i noni de’tra- duttori e le dat«- e i e» dei sono rieono.-c.uti dijj:li Accaden ici della Crus;a nelle ultime edizioni del l.’ro Ve cabclano - (Ta- vola dr^ li Autt<ri e de’ Testi; - GiirTìaU de’ Lcttimti ItaL, voi. XXIV, pag. 83; - Z’eno, Annot. a la Bi>l. del Fovtanini ^ voi. li, pag. i^4.} - Guido fini di .scrivere la sua stona nel 1287: di c!ie vedi il Tirabcschi, toni. IV; e Gherardo Vossio, Ve Hùt. LaU, lib. IT, c^.p. 60.

CXXXVII. Se non che, a giudicnre dalle loro lezioni , pare che ogni carta di Dante per gli Accndrmici della Crusca in- segni cose ch’egli non disse, né s’intendeva di dire; anzi s^crisse a parole profetiche da dare la mentita a chi d cesse jltrimenti; — e peggio a questa nuovissima erudiz one, che il Cavalcanti suo amicissimo e ser Brunetto (suo ])r»’cetto ei furono posti amendue nell’Inferno ; uno, perchè f’ofofo, e perciò prove^liato eterodosso, eretico o miscredente dai Guelfi : l’altro, perchè im- putato come barattiere ofaUano neha sua noli e profession di noiajo, che tale quanto dir simoniaco nelle faccende civili *. - L’imputazione, ignotissima agli scritto» i contemporanei di ser Brunetto, fu ritrovata un secolo dopo da Benvenuto da Imola, e solo da lui; e con circostanze si favolose, che il Tiraboschi la rigettò ’. Ser Brunetto è dannato tra’ falsarj d’amore,

Che tutti fur cherci *, E letterati gran<li, ?» di gran f:»ma. D’uno stesso peccalo ul mondo Ieri.

Ma de’ suoi demeriti cittadineschi dov’ è che Dinte mai faccia parola? Ser Brunetto scrive di sé: - « che fu tra’ Fiorentini » di parte guelfa, cacciati dalla loro terra ; e le loro case fu- » rono messe a sacco e a fiamme e a distruzione ; - e allora


  • In Napoli, per Egidio Longo, 4f^65» 4.to. — La pr’ma edizione fìi hfta «ino

dal 148i, ma hII’uso di qur>* Ipmid, <onza «lire S’’ foss’ oriiiuiMo fraduzionp, e semplicomonte così: L Istoria della Guerra di Trojn di Guido delle Colonne- messinese; Venezia, per Alt’Ssan<lio dilla Paglia, in-fnu;lio. L’ orijiin I • latino era slato s’ampato qu’Ur’anni innanzi. Colonia, per Arnaldo Teiborne, 1477, 4.10.

2 Atti citati, iiag. 128.

3 Storia della Letteratura, voi. IV, pag. 469-470.

4 Itif:’rno, XV, 106-1.8.


DISCORSO