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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.
cumenti notarili pur mostreranno che qnarant’ anni dopo era vivo. A me non pare verosimile che il Boccaccio non abbia conosciuto mai né Pietro né Jacopo; visitò ad ogni modo la loro sorella e alcuni amici di Dante in Ravenna ’. Pertanto gli errori ne’ quali per troppa esagerazione retorica, o per poco avvertire attentissimo tuttequante le parole di Dante cadde alle volte, non fanno eh’ ei j erda il grado di autore sicuro, ogni qual volta racconta fatti ud ti da’ testimonj viventi e eh’ ei nomina. Da ciò eh’ ei riporta di avere saputo nella dttà dove il Poeta mori, è manifesto eh’ ei ne scrisse la vita dopo la gita eh’ ei fé .e net 1350 in Romagna. Poi nel Commento di mezza la prima Cantica, scritto venti e più anni dopo , non solo non si disdice, ma aggiunge più circostanze a qi. e’ fatti, e più nomi di Fiorentini, suoi coetanei: e narravale dalla cat- tedra in una chiesa, e quando la religione era divenuta ter- rore dell’ anima sua, e gli imponeva di far ammenda delle iVo- velle ^ E benché altri presuma altrimenti, era nato d’altissimo cuore; onde credo che l’indole insieme e la coscienza eia di- gnità della vecchiaj a, e l’obbligo ch’egli erasi assunto di ammae- strare la gioventù, lo avrebbero preservato dalla tentazione di pascerla di romanzi.
CXXXIV. È dunque da fargli fede dov’ei narra che Dante morendo lasciava i suoi figliuoli in Ravenna, e che il Poema fu pubblicato da essi. Quante difficoltà v’ incontrassero, appa- rirà da’ pericoli fra quali Guido da Polenta diede asilo al Poeta, che non per tanto non lo nomina mai. Però gì’ inter- preti a pena ne parlano; e forse che senza il Boccaccio la fama del vecchio generosissimo si starebbe confusa fra’ tiranni di quell’età. - « Era ne’ liberali studj ammaestrato; sommamente » i valorosi uomini onorava, e massimamente quelli che per » iscienza jirli altri avanzavano; alle cui orecchie venuto, Dante » fuor d’ogni speranza essere in Romagna, avendo lui lungo » tempo avanti per fama conosciuto il suo valore, e tanto di » spirazione ebbe, che si dispose di riceverlo e d’onorarlo ; né » Hspettò da lui esser richiesto, ma con liberale animo, consi- » der-’to quale sia a’ valorosi la vergogna del domandare, con » profferte gli si fé’ davanti, richiedendo di speciale grazia a » Dante quello che egli sapeva, Dante dovea a lui addoman- j> dare, cioè, che seco gli piacesse dover essere. Concorrendo » dunque i due voleri a uno medesimo fine, e dello domandato » e dello domandatore; e piacendo sommamente a Dante della » liberalità del nobile cavaliere, e dall’ altra parte il bisogna » stringendolo, senza aspettare più avanti inviti che il primo, » se ne andò a Ravenna , dove onorevolmente dal Signor di » quella ricevuto, e con piacevoli conforti risuscitata la ca-
i Qui dietro, sez. XXVllI.
2 Discorso storico sul Testo del Decamerme,
DISCORSO