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ISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 269

Io nelle cronache romagnuole e toscane non trovo narrati di lui fuorché stratagemmi lodati ne’ maestri di guerra anche da- gli storici loro nemici; come Livio parla d’Annibale.

CXVII. Dante poteva sapere di Guido assai colpe scono- sciute a molti altri. Non era abbietto da vendicarsi a calun- nie; né la tendenza religiosa del suo Poema, né la missione alla quale ei credevasi destinato dall’ alto, gli concedevano di manomettere il vero. Esageravalo con sicurtà d’ardita coscienza, adulata da passioni imperiose, inflessibili e sistematiche. Giu- dicava degli altrui falli da uomo di parte, perseguitato ed avi- dissimo di vendette; e da poeta che immagina perfezioni fuor di natura ; e da teologo che non può mai perdonare. Che se il Conte fosse mai stato, e forse che fu, il consigliere di quella perfidia, ma non si fosse accostato al Gran Prete, i meriti di ghibellino V avrebbero liberato se non dall’ inferno, almen dalla pena di parlare vilmente di sé ; e v’ è in ciò tutta quanta e terribile l’arte di Dante. Perchè quanto il nobile vecchio s’in- colpa spontaneo, tanto più ti sollecita a credere ; e non s’ in- colpa, fuorché a sovrapporre delitti ignoti a’ tanti altri famosi di Bonifacio, che pur gli espiò carcerato da’ suoi federati, tra- dito e deriso da’ suoi Cardinali, avvelenato, o strozzato da’suoi servi, o lasciato perire di fame, o percosso a morte; ’ e poscia mostrato alla plebe come cadavere di uomo furioso,

Che in se medesmo si voigea co’ denti.

Queste sue vendette il Poeta vedevale un anno o non molto dopo che per la predilezione venale e ambiziosa di Bonifacio verso la setta de’ Guelfi, si trovò improvvisamente cacciato con altri molti dalla sua patria. Se non che vi rimaneva una statua sedente di marmo, che i Fiorentini per monumento trion- fale dello sterminio de’ loro concittadini avevano dedicata al Pontefice sovra la porta maggiore della lor cattedrale. Poi ro- vinò o fu levata, quando né Guelfi restavano né Ghibellini a Firenze, né ombra di stato libero, né discordie civili se non di grammatici. Giovanni Lessi narravami d’averla veduta mozza fra le anticaglie di casa Riccardi ; e ne discorre anche il Manni ’. Gli onori de’ Fiorentini alla memoria di Bonifacio, e forse la statua pili ch’altro, adiravano l’esule ad opprimerlo d’igno- minie sì che si rovesciassero a un tempo su la città che lo venerava. La violenza alla dignità del Vicario di Cristo fu ab- bominata da Dante, forse per senso di religione , ma più per adempiere al voto d’ odio immortale che aveva giurato a Fi- lippo-il-Bello e a’ Francesi ; e la religione, la verità storica;


1 Muratori, Annali, e il Conlinualore del Baronie, an. 1303; e par che si contraddicano : ma la storia degli ultimi giorni di nonifario Vili f’, ocruris- sima; onde fu poi nominato fra’ santi e fra gii atei. Vedi dietro, sei. CWl e qui appr.ii-so.

2 IUu$trazione del Decamerone, alla novella di Cisti fornajo.


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