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SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 253

mere con religione; sono ostinate, impertefi’rite , onnipotenti; ti rovesciano ogni ragionamento, e ti vietano di rispondere. Ed or si raffronti agli anni e alle parole di Dante , e alla storia citata dall’autore delVApoIogia, tutto il suo squarcio oratorio trascritto qui sopra.

CV. L’autore delVApologia vide la morte interrompere a un venerabile vecchio 1’ opera del Convito ; e non badò nel Con- tito che Dante si proponeva di trattare, quando che fosse, del- l’ idioma moderno’, e poscia ne scrisse due libri; ma non ter- minò. L’ intera dottrina di questa operetta è il soggetto vero del libro su VAmor patrio ; e nondimeno all’uomo dottissimo parve che fossero dettate le prime pagine del Convito « su l’orlo del sepolcro; » e come che 1’ una e l’altra opera fosse rimasta a mezzo, ideò che questa era 1’ ultima. Il vero schietto si è, che a riempire l’ orditura di sì fatto lavoro bisognavano lunghe vigilie. Il Poeta intendeva di commentare quattordici canzoni; le prime tre gli occuparono un giusto volume; e la- sciò stare le altre undici. All’ altra opera su la Volgare Elo^ qucnza scritta senza troppe questioni morali né digressioni, un


tichissimo; — ma talor anche t’abbatti in nomi e imprese di re vissuti da Of’ìito anni e più dopo Dante; madore il vero non è da appurarsi se non per via d%.nni certi e d’istoria, que’ valentuomini della Crusca sono sempre guide incertissime; e per quanto sia pur fitto storico notalo a una voce e da Dante {Eloquenza Volgare) e dal vecchio Villani [Croniche, lìb. I, cap. 24) e dal Boc- caccio iLaberinto d’Amore), e da altri molti, cli’erano romanzi in francese, gli Accademici tuttavia, senza starvi a pensare, li chiamano tradotti dal proven- zale [Proemio de’ Deputati alla correz. del Decamerone). Discorre lo Zeno a provare contro al Fontanini che que’ Romanzi non fossero in Provenzale. Il Tasso, fondato sul verso del Purgatorio, e. XXVI, che allude ad Arnaldo Da- niele, che superò

Versi d’amore e prose di romanzi,

congetturò che fossero da attribuirsi a questo poeta ; ma oltreché , come lo Zeno nota, potè avere scritto romanzi d’altro che della Tavola rotonda, i\ verso può essere interpretato così : — « Adoperò la sua lingua materna in poesia, » in guisa che superò quanti mai la scrissero in verso e in prosa. » Ricor- rìomi di quel proverbiale — Oyros s’iti y«)s»Tou5 -/s’pwv ; —ed è da ve- dere dond’esce e come torni con i’ eclamazione — Galeotto fu che lo scrisse. — Forse i primi cominciarono in Inghilterra a scriverli qiie’ Normanni, che vi vennero con Guglielmo Conquistatore; e di certo la Bolla, allegata pur dianzi, palesa che fossero libri noti già da tre o quattro generazioni innanzi che Dante nascesse; ma quali e in che lingua si leggessero all’età sua, è questione che tuttavia non m’ e chiara. Più degno d’attenzione agli osservatori del corso della letteratura delle nazioni, parrà, che come nell’epoca eroica della Grecia, i poemi per l’impresa degli Argonauti perla conquista del vello d’oro, hanno preceduto l’Iliade per la spedizione di tutta la Grecia contro all’Asia; così i romanzi intorno alle imprese di Carlo Magno, e della Cristianità contro a’ Pa- gani, furono preceduii dalle avventure de’ re della Tavola rotonda, e del re Artù de’ quali tutti l’impresa era di conquistare il santo bacino di Giuseppe d’Ariraatea, sul quale Cristo nell’ultima cena mangiò l’Agnello pasquale coi dodici Apostoli. Intorno alla impresa di si fatta conquista si avviluppano e si snodano le favole tutte di que’ romanzi. Il Leland (Script. Brit. , voi. I, cap. 2i) parla di croniche inglesi antichissime, le quali trovano il sepolcro di Giu- seppe d’Arimatea nella Badia di Glossenburgo in Bretagna, e furono per av- ventura principio a’ romanzieri venuti più tardi. 1 Convdo, pag. 76; ~ e le parole stanno trascritte qui dietro, sez. XXIX.


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