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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 195

cìieìli e da altri fu apposto all’autorità e all’invidia di Dante; e per la fatalità che travolge miseramente in errore gli uo- mini dotti quando pronunziano il nome suo, non badarono ch’egli era sotterrato da quasi sette anni’. Ben s’ei non avesse ser- bato occulto il Poema, avrebbe dato anch’ei la mentita al pro- verbio : - Niuno è profeta nella sua patria,. - A Cecco, al ì^on- fadio , e ad altri moltissimi nocque l’essere forestieri davanti a giudici che non davano conto delle sentenze, e non temevano d’amici e parenti e magistrati vendicatori. "Né a Dante sareb- bero toccate sorti migliori, neppure nelle città ghibelline, dove i frati, venerati dal popolo, e ministri delle altrui vendette, non avrebbero trascurato le proprie.

LVII. Oggimai resta da considerare se Dante avrel)be potuto rivelare , senza grave pericolo , il suo Poema tutto quanto a taluno degli uomini potenti che lo soccorsero di patrocinio. Non vedo ch’ei si professi apertamente obbligato se non agli Scaligeri di Verona, e a’Malaspina di Lunigiana. Intorno a’ Si- gnori da Polenta, a’ benefìcj de’ quali il Poeta non fa mai di- retta allusione, il suo sepolcro ha costretto ogni^ uomo di con- sentire eh’ ei , non foss’ altro , moriva nella città di Ravenna. D’altri protettori per avventura ei fa cenno; pur nondimeno de’ loro nomi e de’ loro meriti asseriti e negati da molti, non accaderà di far conto, se non quando i biografi; gli antiquarj de’ municipj e i genealogisti stipendiati si rimarranno dal con- traddirsi fra loro. Bensì chiunque vorrà tracciare i passi di Dante dal giorno che uscì di Firenze sino all’ora della sua morte dovrà scongiurare minime date che sorgano dall’ oscu- rità de’ secoli ad apparire e disapparire come le larve ; e non guideranno se non forse nel labirinto dove tanti si soqo smar- riti quanti hanno pur voluto assegnare ordine cronologico alla composizione della Commedia. Ma poi che hanno prestato peso a leggiere induzioni, e fede a testimonj di fede malcerta*, ed autorità a varianti de’ codici , e significati d’ ogni maniera a parecchi vocaboli sconnessi e pervertiti sfacciatamente da’ loro schietti e diretti intendimenti nel testo, a che siamo ? Il mar- chese Maifei, e monsignor Dionisi , due esploratori veronesi, infaticabili d’ ogni archivio , contendono : - 1’ uno , che Dante dimorò in Verona sino dal 1300, quando non era ancora esule; - e l’altro, che non v’andò se non nel 1311, perchè allora Cane della Scala cominciò ad avere 1’ assoluta signoria di Verona. Nondimeno il Maffei, confondendo in un’unica data il viaggio immaginario del Poeta nel regno de’ morti e la sua prima gita in Verona; fondò ogni ragionamento sopra un’inavvertenza si assurda, e quindi sì involontaria, che il troppo rimproverar- gliela sarebbe villana pedanteria, se taluni allegando l’autorità


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i Mazzuchelli, Scritlori Italiani, voi. I, pari. 2, pag. il52: Beruim» $ÌQria "’Eresie^ presso il Tiraboschi, voi. Y, pag. 2)J, e segg.


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