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178 DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.
i trionfi eh’ ei riportò nelle tesi teologiche delle scuole ’. Gli altri tutti, a darne ragione, traducono dal contesto parole ne - cessitose appunto della stessa ragione. - Fu esaminato dagli Apostoli alfinch’ egli esaltasse la fede "erace’*. Or non aveva egli veduto pur dianzi il trionfo e quell’ umanità deificata di Cristo *, eh’ essi furono preordinati a predicare , perchè soli l’aveano veduta ?^ E il confermare nella fede de’ misterj un cristiano che n’ aveva fatto esperienza oculare , non sarebbe ella stata ridicola assurdità negli Apostoli ? Che s’ altri mai dimandasse tanta certezza a’ dottori in divinità, sarebbe man- dato, o eh’ io m’ inga:nno, a informarsene al Santo Ufficio. Né Bante trascura di dire, e ridicelo appunto allora, come a’ Beati che miravano in Dio le cose tutte quante **, non occorreva di udire il vero per via d’ interrogazioni. Provocavano risposte a corroborarlo nella fiducia eh’ ei possedeva, quanto mai lume di fede e vigor di speranza e amore divino e abborrimento all’ iniquità richiedevansi alla vocazione di preservare la re- hgione dagli adulterj della Chiesa Eomana *.
XLIIT. Non sì tosto ei risponde a san Pietro: Tu semina- sti povero e digiuno la pianta che stendevasi fecondissima vite ’, ed è tralignata in orrido pruno,
Finito questo, l’alta Corte santa Risuonò per le spere : Un Dio lodiamo : •
ed esultavano per affidarlo, che la popolare venerazione alla gloria mondana del Sacerdozio era esecrata da’ Santi ; e che la Chiesa rifiorirebbe favorita da Dio, ove tornasse alla sua pura semplicità. Udita la professione di fede, san Pietro can- tando gli circonda tre volte la fronte di divino splendore. Or non rappresenta egli il rito dell’ imposizione delle mani e la
1 Ginguené, IHstoire Uttéraire d’Italie, voi. II, pa?. 233.
2 Vedi adunate dagli Editori Padovani le chiose a’ versi,
Per la verace fede a gloriarla,
Di lei parlare è buon ch’a lui arrivi.
Paradiso, XXIV, 43-45.
3 Paradiso, XXII.
4 Ad. Apost.y X, 40-42.
5 Paradiso XXIV, 41-42; XXV, 53-54, 58 50 e altrove.
6 Paradiso, IX, 142.
7 Joan., e. XV, vs. 1. — 1. Ego sum Yitis vera, et Pater meus Agricola est. — ’. Omnem palmitem in me non ferentem frucium, tollet eum. — 4. Sicut palmes non potest ferre frudum a semetipso, nisi manserit in vite; sic nec vos nisi in me manseritis. — 5. Ego sum Vitis, vos palmites : qui manel in me et ego iu eo. Me feri frudum mult’am. — 6. Si quis in me non manserit, mittetur foras sicut palmes et arescet, et colUgent eum et in ignem mittent, et ardet.
Delle testimonianze contro la venalità dei sacerdoti della Scrittura, vedi gli indizj in calce al volume, e basterà raffrontarli , a illustrare questi e i versi del Canto che incornine a :
Simon Mago, o miseri profani*
S Paradiso, XXIV, i09-lU.
DISCORSO