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SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 173
destò il Petrarca a dar il buon giorno a Laura ’. Adunque le pecore rendano immagini di gonfaloni di magistrati, e toghe e barbe e chiome di giovani e vecchi , e divise di poeti lau- reati, sotto titolo di metafora d’Arcadia, o di geroglifico egi- zio ; e a chi piace, se l’abbia : non però so che Dante vesta di velli se non animali e demonj ’^. Bensì , perchè abusa più vo- lentieri di allegorie, rincrescemi che fra le chiose diverse, al- legate in via di congetture orfane, questa, non so di chi — non con vello di agnello semplice, ma con quello di più roòusto ani- male ’ — sia stata negletta; ed è la sola che trovi fondamenti non pure nell’analogia dello stile , ma nella storia di Firenze , e nelle fortune e nella mente implacabile del Poeta.
XXXVIII. S’ ei visse veramente da qu.e\V Uomo senza parte , ch’ei professava d’ essere stato innanzi 1’ esilio * ; s’ ei sdegno- sissimo fra quanti mai nacquero **, non sentiva sino da giovi- netto co’ ghibellini, schiatte generose di cavalieri crociati, che invogliavano amore e cortesia ^, e non abborriva i guelfi gente nuova, nata d’avoli che andavano nel contado alla "cerca q fat- tisi Fiorentini cambiando e mercando ’,* s’ei senza sospetto d’in- giustizia DORMIVA AGNELLO , benchò NEMICO a’ LUPI avidi de’ subiti guadagni ", co’ quali ridussero Firenze a democrazia, e mantenevano la lor signoria sovra il popolo; e se in una re- puDolica che era patrimonio di fazioni governate da potenti monarchi stranieri, ei si lusingava d’esercitare magistrature senza l’armi o il danaro d’una delle parti, ei di certo fu vit- tima innocente e colpevole tutt’al più di troppa semplicità; di che per ora basterà dubitarne. Bensì quanto importa alle si- gnificazioni delle parole altra voce e altro vello, e all’ in- tenzione di Dante in tutti que’ versi , è avverato dal consenso degli storici, ed è : — che mentr’era de’ Priori, negò il danaro del Comune a un figliuolo del Re francese istigatore de’ guelfi ’; e fu rimosso da Fiienze a impetrare la benedizione di Boni- f^icio Vili su la concordia delle due sette; e mentre che dal Gran 2>rete principe de’ nuovi Farisei riceveva lunga promessa
1 Parte I, son. 184.
2 Paradiso, VI, 108; Inferno, XXXIV, 17.
3 La accenna il Lombardi fra le altre raccolte dal Venturi nei commenti anteriori.
4 Leonardo Aretino aliena pli originali delie lettere di Dante al Comune. — Vita di Dante, pag. xii dell’ediz. Cominiana.
5 Inferno, Vili, 43-62. — E disprezza Filippo Argenti degli Adimari, che nel Paradiso, XVI, 165, sono chiamati schiatta codarda venuta su di gente piccola. Vedi a quo’ luoghi i chiosatori contemporanei citali nello recenti ediz. di Pa- dova e di Firenze.
6 Paradiso, XV, 140; Purgatorio, XIV, HO.
7 Paradiso, XVI, 61-63.
8 Inferno, 73, seg. — E un de’ fratelli di Filippo degli Argenti dannato al- l’ Inferno godè, secondo il conifnto creduto del Boccaccio, i beni di Dante; e però non e da maravigliarsi. Ediz. Fior., Inferno, Vili, 81.
9 Lami, Delizie degli Eruditi Toscani, tom. Xll, paar. 29"), dagli Archivj del Comune. — Presso gli Editori Fioirnlini , noia (e) alla Vita di Dante di Leo- nardo Areti