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sul testo del poema di dante. 169

un versò ad autografi inediti , perchè non avvertendo alla fe- rocia del secolo e alla vita afflitta di Dante , supposero eh’ ei desse fuori il lavoro per assolutamente finito , o tutto , o in gran parte, senza cura dell’altrui vendetta cli’ei pur nondimeno e prevedeva e temeva. Perchè quando ode l’anima del suo pro- genitore vaticinargli l’esilio, risponde :

Per che di provodonza è buon eh’ io m’armi ; Sì che se luogo m’ò tolto più caro, lo non perdessi gli altri per mici carmi.


Ho io appr^’sso qui-ì ch% s’io ridico, A molli fìa savor di forte agrume.


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Vero è che se bene queste parole, da leggieri divarj in fuori s’ intendano dagli interpreti a un modo • , 1’ oscurità profetica dell’autore convalidò la comune opinione; e infatti soggiunge:

E s’ io al vero son timido amico, Temo di perder vita tra coloro Che questo tempo chiameranno antico.

E il suo progenitore, non che pure l’esorti a serbare all’utilità de’ posteri la riprensione che irrita sempre i viventi, e non può correggerli mai, pare che gl’imponga di procacciarsi la gloria d’avere afi’rontate le ire de’ forti :

Indi rispose: CoscVeiiza fusca, della propria, o dell’ altrui vergogna, Pur sentirà la tua parola brusca.

Ma nondimen, rimossa ogni menzogna, Tutta tua vision fa manifesta, E lascia pur grattar dov è la rogna.

Che se la voce tua sarà molesta, Nel primo gusto, vital nutrimento Lascerà poi, quando sarà digesta.

Questo tuo grido farà come vento, Che le più alle cime più percuote: E ciò non (ia d’onor poco argomento.

Non per tanto chi più guarda a questo e ad altri luoghi non molto dissimili *, vede -come l’autore significando ciò ch’egli intendeva di fare, pur lascia in dubbio s’ ei 1’ abbia mai fatto.


i Per la qnal cosa è d" uopo che io immagini fin da ora , circa il tacere a il parlare, a scrivere per tale occasione, provvedimenti tali, che se io bandito sarò dal luogo a me più caro, cioè dalla patria, io non mi trovi poi eschiso pe’ miei piccanti scritti anche da altri luoghi. Io ho risaputo cose tali di questi correnti tempi che se io le ridico, saranno certamente per alcuni (intendi molti) ima vivanda di troppo acre piccante sapore. — Cosi al canto XVII, vers. i09, segg. del Paradiso espone il Poggiali, che riordinò le chiose migliori, e le ridusse a parafrasi, voi. IV, pag. 36 k Livorno, i8i3.

l Paradiso, XXVII, 64 66.


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