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discorso sul testo del poema di dante. 153

testo nè traduzione, non passa oltre la dodicesima porzione del Poema, ed è grave di cinquecento e più facciate di chiose. E incominciando dal primo canto, dissente da molte interpretazioni fino ad or prevalenti; ma segnatamente da chiunque presume che Dante s’umiliasse ad adulare Cane della Scala, — perchè il primo canto fu, non foss’altro, abbozzato, se non finito, innanzi l’anno 1301, — e la Cantica dell’Inferno fu finita del tutto, e pubblica prima del 1308, — e Dante non essendosi ricovrato se non dopo quest’anno in Verona, ci nel principio del suo Poema non poteva di certo alludere a Cane1. A raffermare queste sue nuove date il dottissimo Inglese, escludendo, forse a ragione, l’autorità di alcuni scrittori moderni, s’attiene a torto a tutti gli antichi. Ricorre per fatti ed anni a documenti apocrifi, e fin anche a quella lettera apposta a Dante dal Doni2 impostura sfacciatissima di quel prete ribaldo, e oggimai derisa da tutti3. Richiamasi, come ad ingenue testimonianze del vero, a certi motti di Dante narrati da Franco Sacchetti, morto ottanta e più anni dopo il poeta, e che inoltre professava di raccogliere arguzie e novellette da ridere4. Finalmente per andirivieni di lontanissime congetture, assegna epoche ed anni e mesi a molti fatti o confusamente narrati, o con diversa serie di tempi da scrittori diversi, o misteriosamente accennati da Dante, così che il dottissimo Inglese vede nel corso d’un anno il poeta in Venezia, in Ravenna, e in Avignone, e in Parigi, e per avventura in Oxford5. Così a me pare ch’egli guardandosi dai falsi sentieri battuti dagli altri, n’abbia spianato de’ nuovi più tortuosi; e come cavaliere errante, ei si trova nella selva incantata, faccia a faccia co’ suoi rivali, senza veder più lume a duellare. Or per quanto le altre sue date siano probabili, o vere, non però suffragano in modo veruno l’assunto del dottissimo Inglese: — che Dante nel principio del Poema non potesse alludere a Cane della Scala, perchè la Cantica dell’Inferno fu tutta finita e pubblica innanzi l’anno 1308. — E s’ei mai s’avvedesse che nè parte, nè canto, nè forse un unico verso della Commedia fu mai pubblicato dall’autore? Or basti notare che nel mezzo della Cantica dell’Inferno quel «pastore senza legge e di laide opre il quale vien di Ponente a comperare, come Giasone ne’ Maccabei, il sommo sacerdozio da un Re, e dilapida i tesori del Tempio» — è ravvisato da tutti per papa Clemente V, il quale infatti da un vescovato di Guascogna, assunto al pontificato per favori di Filippo il Bello, trasferì la sede pontificia in Francia, e nel

  1. Pagg. 41-45 e segg.; 51; 463 e segg.
  2. Pag. 48.
  3. Tiraboschi, Storia dell’italiana Letteratura, vol. V, pag. 486. — Foscarini, Letteratura veneziana, lib. III, pag. 319. nota 276. — Degli Agostini, Scrittori veneciani, vol. I, pagg. 17 e seg. — Pelli, Memorie, pagg. 115-118.
  4. Pag. 457, nota 2.
  5. Pagg. 48, 49.