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discorso sul testo del poema di dante. 145

ma il vero rimane più sempre confuso: e al veleno della discordia sono per lo più mescolate le sozzure dell’adulazione, sicchè Dante fu talora esaltato e talor calunniato in grazia degli altrui mecenati. Anzi è tale che andò magnificando tutto il Poema con impropierj contra chiunque non trova sovrumana ogni sillaba, e con ejaculazioni d’ammirazione perpetua fin anche ove le imperfezioni palesano che la è pure opera d’uomo, e nondimeno non sì tosto certi antenati de’ padroni del critico sono biasimati da Dante, l’estatico ammiratore diviene in un subito esecratore fanatico, e accusa il poeta di trascuraggine rea e di accanita malignità.

XIII. Per altro le storie degli archivj e de’ libri dell’ editore del codice patriarcale sono avverate con le parole di Dante: — E noi fummo istrutti dal poeta stesso, che allora (nel 1318) dall’Adige al Tagliamento crudelissima ardeva la guerra.

E ciò non pensa la turba presente,
Che Tagliamento e Adige richiude,
Nè dell’esser battuta ancor si pente.


Però l’editore dice — di dire con fondamento che Dante attendeva a scrivere il Purgatorio nell’anno 1318. — In tale orrendo pelago di sangue qual riva poteva allor Dante afferrare? Pagano della Torre decantato per alto estimatore de’ nobilissimi ingegni e per loro difensore ed amico — venne in Udine nel 1319; — e quest’epoca della sua translazione dal vescovato di Padova al patriarcato d’Aquileja è infallibile; e a sè chiamò Dante ne’ primi giorni del suo patriarcato. — Adunque siamo fatti certi che Dante stanziò per un anno in Friuli, e convinti che quivi diede opera a scrivere la Cantica del Paradiso, mentre nel 1318 attendeva nelle terre Trivigiane a quella del Purgatorio. — Or se l’editore per fretta di memoria o di stampa non avesse traveduto nel Canto nono del Purgatorio que’ tre versi che in buona fede spettano al Paradiso, avrebbe per avventura desunto date e aneddoti storici e corollari tanto quanto diversi. A me torna tutt’uno: quand’io non veggo perchè un poeta ghibellino implacabile si riducesse ad accettare pane da un prelato di casa e d’anima guelfa. E Pagano era per l’appunto quel buon Patriarca, il quale fulminava scomuniche, predicava crociate, guidava masnade Friulane contro agli esuli, ed a’ figliuoli e alle vedove de’ ghibellini: era prete omicida, venduto al Papa, e federato satellite di quel Cardinale del Poggetto, il quale un anno o due dopo la morte di Dante andò a Ravenna a dissotterrar le sue ceneri1. Senzachè la turba che il poeta dice «battuta fra l’Adige e il Tagliamento» era guelfa; «nè si pentiva d’esser battuta» fino dall’anno 1311; e fu inoltre battuta

  1. Muratori, Annali d’Italia, 1309, 1321, 1322, 1323. — Bartolo, De requirendis reis.