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discorso sul testo del poema di dante. 139

visi dell’avvenire imminente. Ne le opinioni prevalgono mai se non quanto regnano in compagnia della forza de’ governi per cui solo possono prosperare; e si mutano a un tratto quando ogni forza di popoli e di governi s’atterra abbattuta dilla forza del tempo, che si porta via quelle opinioni, poi le riporta, tanto che tornino a predominare per cedergli nuovamente. L’illusione, che l’universalità de’ popoli illuminata dalla filosofia costringerà i loro signori a ridurre le monarchie tutte d’Europa a liberali costituzioni, affrettò gl’Italiani alla prova sciaguratissima di fondare libertà teorica dove non era indipendenza, nè patria. Così innanzi di avere cacciato un esercito forestiero all’oriente di là dall’Alpe, accattarono costituzione forestiera dall’occidente. E che pro? quand’anche dovendo operare a difenderla contro a leghe di principi ipocriti, discorrevano a questionare come, dove, quando dovesse alterarsi? tanto gl’innamorati filosofici della libertà sembrano destinati nè ad acquistarla, nè a perderla virilmente. In quali condizioni la letteratura si rimanesse d’allora in qua, non l’ho mai risaputo, nè domandato. Pare a ogni modo — che la religione per l’antica scuola sta forse a rischio di vedersi ricondotta da’ Gesuiti a superstizioni dimenticate oggimai da trent’anni — che l’ammirazione alla nuova darà da piangere a molte madri, ed emolumenti alle spie — e che sì l’una che l’altra promoveranno il sapere e l’originalità degli ingegni fino a’ termini conceduti dalla alleanza della dittatura Tedesca e dell’Ecclesiastica; ma né un passo più in là. Pur è somma ventura che oggi pochi, se pur taluni, dissentano dall’opinione che il poema di Dante domanda d’essere meditato assiduamente. Molti nati per avventura a lavori più lieti accorrono a sudare intorno alle edizioni di quel libro. Nè di certo ritroveranno rifugio migliore agli studi e all’ingegno; da che oggimai nè durata di triste condizioni politiche, nè vicissitudini di regni e di religioni, nè forza umana potranno distruggerlo o proibirlo. Di quanto sarà più illustrato tanto più gioverà ed in più modi; e le fatiche arriveranno aspettate alla letteratura fuori d’Italia.

V. La poesia primitiva sgorgava spontanea da quelle epoche singolari insieme e brevissime, e più meritevoli d’osservazione, nelle quali i fantasmi dell’immaginazione erano immedesimati nelle anime, nella religione, nella storia, e in tutte le imprese, e per lo più nella vita giornaliera de’ popoli. Oggi la finzione poetica, e le dottrine filosofiche e religiose, e la pratica della vita, e fin anche le più generose fra le passioni del cuore, sembrano non pure dissimili, ma separate nella mente d’ogni uomo da larghi intervalli. Pur dove la poesia viene stimata fittizia, riesce meno efficace, e giova appena di stimolo empirico al torpore morboso della fantasia — se pur giova. Perchè oggimai non siamo eccitati dalla materia nè dal lavoro; bensì dalla ammirazione per l’arte e l’artefice. A che abbiamo noi bisogno di critici, se non perchè siamo tardissimi e freddi a sentire